“Avrei potuto non conoscere mio figlio ma i medici mi hanno salvata”

Dom, 05/11/2017 - 17:40

Un taglio cesareo e, immediatamente dopo, un’isterectomia totale per placenta previa centrale percreta, una condizione ostetrica tra le più gravi che può mettere a rischio la donna durante il parto, in quanto può verificarsi una forte emorragia. Un intervento di alta complessità clinico-assistenziale con lieto fine per una giovane donna della Locride e il suo bambino, venuto al mondo con un mese d'anticipo. La doppia operazione è avvenuta nei giorni scorsi all’Ospedale Riuniti di Reggio Calabria, nel Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia.
"È stato il mese più brutto della mia vita - ci racconta la donna che preferisce rimanere nell'anonimato. - Non ho mai avuto così tanta paura. La mia forza più grande sono stati i medici che mi hanno seguita in modo ineccepibile. Sono stata trattata con garbo, con estrema professionalità, da tutti loro; la certezza di essere in buone mani mi ha dato il coraggio di proseguire anche quando ho scoperto che avrei potuto non conoscere mio figlio". La donna si era ripromessa di ringraziare il suo ginecologo, il dottor Francesco Battaglia e tutta l'equipe medica, che l'ha seguita con grande umanità e impegno costante, anche nel caso in cui non si fosse risvegliata dopo il parto. Si era, infatti, raccomandata con il marito affinchè lo facesse per lei. "Spesso dimentichiamo che i medici sono persone e pretendiamo da loro dei miracoli. Pretendiamo che non siano stanchi, che abbiano le risposte a tutti gli inconvenienti onerosi, che facciano tutto con il sorriso e con gentilezza ma dimentichiamo che hanno sulle spalle tutto il peso della salute di noi pazienti. Soprattutto dimentichiamo il loro lavoro quando questo ci permette di riportarci a casa dai nostri figli. Diamo per scontato il successo, ma non l'insuccesso. Non qualifichiamo il loro operato se non quando qualcosa va male. Invece credo sia giusto risaltare la professionalità quando la si incontra. Osannare l'eccellenza, quando si ha la fortuna di usufruirne. Nel mio caso hanno compiuto un miracolo! Anzi due, dal momento che oggi sono qui a raccontarlo. Non è semplice dire a una donna che sta per dare alla luce il proprio bambino 'Non è certo che riuscirai a guardarlo negli occhi'. La ginecologa che mi è stata assegnata durante la mia degenza in ospedale, affinchè avessi tutto il supporto medico e morale del caso, grazie alla sua buona, quieta sensibilità femminile piena di speranza, è stata un'ancora di salvezza per me. Nonostante mi sia stato chiesto di compilare e firmare diversi moduli con cui, come previsto dalla legge, mi assumevo la responsabilità di ogni conseguenza, quel 'Ti prometto che conoscerai tuo figlio' è stata la mia forza. Ho percepito tanta umanità ed empatia attorno a me, e tanto senso di responsabilità. E questo nonostante i turni massacranti a cui l'intero personale medico è costretto. Ho visto l'enorme lavoro a cui quotidianamente il reparto in questione è sottoposto, essendo l'unico punto focale della zona. Ho visto infermieri, ostetrica, chirurgo... sempre in azione, senza mai riprendere fiato. E ho visto anche pazienti dare tutto questo per scontato e che, godendo di questa eccellenza, non la riconoscono. Invece abbiamo grandi professionisti in questa struttura. Di grande caratura morale. Ed è giusto che si sappia. Mi sono sentita protetta e al sicuro. Nel posto giusto con le persone giuste. Una professionalità che non mi aspettavo, visti i giudizi, o forse sarebbe meglio dire i pregiudizi, sui nostri ospedali. Una professionalità bilanciata da altrettanta amorevolezza. Prima che venisse eseguito il taglio cesareo, ho visto pronti attorno al lettino una decina di medici: mi hanno trasmesso tanta fiducia e tranquillità. Ricordo, poi, il ginecologo che ha eseguito l'intervento, il professor Stefano Palomba, che al mio risveglio mi accarezzava la fronte e mi rassicurava che tutto era andato per il meglio. I medici diranno: 'facciamo semplicemente il nostro lavoro'. Io rispondo che ci riportano a casa. Sono il ponte sottile che ci collega ai nostri affetti. Questo non sarà mai solo un lavoro. È la loro vita al servizio della nostra".
"Possono le parole avere le ali? - si chiedeva lo scrittore Jan-Philipp Sendker - Possono catturarci e condurci in un altro mondo? Possono farci tremare come le forze della natura fanno tremare la terra? Possono arrivare ad aprire le stanze più segrete della nostra anima? Non so se le parole da sole possano tutto questo, ma assieme alla voce umana sì". Oggi la gravidanza è diventata un programma tecnicamente controllato e pilotato che ha indotto la donna a percepirsi, per nove mesi, come “ambiente” in cui si svolge un processo che non le richiede responsabilità sostanziali ma solo formali, attraverso la compilazioni di moduli, relativi alle diverse indagini diagnostiche, che fanno dipendere la sua sensibilità da un giudizio esterno. Per fortuna c'è ancora chi considera la gravidanza non solo una questione burocratica, inserita in un tentacolare sistema di assistenza sanitaria, ma riesce a comprendere che aiutare una donna a mettere al mondo richiede tanta sensibilità. Il ginecologo, l'ostetrica, l'infermiera e tutto il personale deputato alla nascita di una nuova creatura devono sì rispettare la prassi clinica ma anche considerare ogni gravidanza come una storia unica. Ogni donna che sta per diventare madre ha bisogno di uno sguardo attento che le permetta di dire "mi fido". Perchè quando una donna capisce che chi si sta prendendo cura di lei sa cosa sta provando, ce la fa!
Un bravo medico sa come "essere accanto" e solo chi può "generare" fiducia e sicurezza può aiutare a partotire.

Autore: 
Maria Giovanna Cogliandro
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