156 anni di soprusi non bastano…

Dom, 05/11/2017 - 11:20
La notizia della settimana è stata l’intervento meridionalista di Pino Aprile su RaiDue. L’intervento del giornalista e scrittore ha stupito moltissimi spettatori e ha avuto un’eco impressionante su internet ma, a ben guardare, almeno qui al sud, non dovremmo indignarci ogni giorno per quanto è stato raccontato in “pillole” sulla TV di Stato?

La notizia della settimana è senza ombra di dubbio stata l’intervento di Pino Aprile al programma di RaiDue “Nemo”.
Sull’onda dello sterile referendum per l’autonomia lanciato da Lombardia e Veneto lo scorso 22 ottobre con l’obiettivo di mantenere le tasse in ambito territoriale mettendo fine al supposto ladrocinio da parte delle regioni del sud, il giornalista e scrittore, nella puntata del talk show condotto dall’ex “Iena” Enrico Lucci ha voluto dare voce alla questione meridionale, esordendo con una semplice, quanto efficace, domanda retorica: «Perché il derubato è sempre più ricco e il ladro sempre più povero?».
La risposta a questa domanda, contenuta in un monologo di tre minuti, nell’arco di quarantotto ore è rimbalzata su tutti i social network come la pallina di un flipper, venendo condivisa da migliaia di utenti sui propri profili personali o su chat private, fino al momento in cui non ha cominciato a essere ripresa persino dalle testate giornalistiche locali e nazionali. Nel suo breve quanto efficace intervento, Aprile ha snocciolato molto sommariamente una serie di ingiustizie che, in 156 anni di Unità d’Italia, il sud criminalizzato è stato costretto a subire, finendo con il vivere una condizione di minorità nella quale ancora oggi annaspa. Per nulla intimorito dalla comparsata sulla TV di Stato, Aprile non ha esitato a definire l’atto stesso dell’Unità d’Italia come un tentativo ponderato di depredare il sud delle proprie ricchezze (fino alla fine del XIX secolo era nel Mezzogiorno che si trovavano le principali fabbriche italiane e al Sud si tratteneva il 67% del capitale dell’intero Paese), culminato oggi con l’assenza di ammortizzatori sociali e una capacità di investimento praticamente nulla se paragonata a quella destinata alla Pianura Padana. Ai maxi investimenti del nord, dove la totalità dei bambini ha accesso alla mensa scolastica, fa da contraltare un’angosciante desertificazione del sud, dove i bambini che possono mangiare a scuola sono meno dell’1%. Se da Torino a Venezia si viaggia in tre ore su una linea ad alta velocità imponente, progettata per sopportare un traffico di convogli di dieci volte superiore a quello effettivamente presente, per percorrere la stessa distanza in Sicilia di ore ce ne vogliono quattordici; come dimenticare, poi, che da qui a pochi anni, dal capoluogo piemontese, partirà un treno in grado di collegare l’Italia con Pechino in ventisei ore, esattamente lo stesso tempo impiegato da chi, il treno, lo prende per spostarsi da Torino ad Agrigento?
Il video dell’intervento di Pino Aprile ha generato tanto scalpore tra gli internauti per la sua immediatezza, per il linguaggio fruibile eppure mai banale, perché, in definitiva, ha sbattuto senza troppi fronzoli la realtà in faccia 907mila telespettatori (che diventano un paio di milioni se consideriamo tutti coloro che il video caricato su internet ha raggiunto), senza il timore di dire ai politici “fate schifo”.
La cosa che fa riflettere (almeno nella nostra redazione), tuttavia, è che il discorso diretto di Pino Aprile, in un altro Stato (o, magari, persino in un altro continente), sarebbe rapidamente stato bollato con un “Niente di nuovo sotto il sole”. Perché Pino Aprile, nel suo monologo che pure abbiamo apprezzato, si è limitato a raccontare una realtà dei fatti con la quale ogni residente del sud Italia combatte ogni giorno da 156 anni. Eppure è servito il monologo di uno stimato giornalista e scrittore per far aprire gli occhi agli utenti, sono serviti tre minuti in prima serata sulla TV di Stato per rendersi conto che l’intento del governo di tenere sotto il tacco dello stivale un sud che continua a temere non accenna a cambiare, è servito che il video rimbalzasse su internet per farci sdegnare in merito alla ponderata strategia di crescita del settentrione a discapito del meridione.
È vero, da Cavour a Gentiloni la politica non ha fatto altro che schiacciare con intento tirannico la voglia di riscatto di un meridione ritrovatosi dall’oggi al domani dalle stelle alle stalle. Per usare tre esempi di Pino Aprile, lo dimostrano gli accordi presi da Luca Zaia per agevolare l’esportazione all’estero dell’olio d’oliva (ma quello veneto, non certo quello pugliese, calabrese o siciliano), il fatto che i tredici vini tutelati dallo Stato siano tutti del nord Italia e, da ultimo, che la “Nuova via della Seta” passi dai porti di Genova e Trieste facendo “ciao ciao con la manina” a quelli del mezzogiorno. Lo dimostra, adattando il discorso al nostro comprensorio, il fatto che a San Luca i cittadini abbiano rinunciato alla democrazia, che a Marina di Gioiosa e a Siderno siano state inviate due commissioni d’accesso non supportate da un’indagine delle forze dell’ordine, che si minacci da anni la chiusura di un presidio ospedaliero che dovrebbe servire più di 100mila persone, che ci si ricordi della nostra terra, solo quando si devono raccogliere consensi…
Ma cosa resterà domani dell’indignazione che hanno generato oggi questi tre minuti? Probabilmente nulla. E questo non perché non utilizziamo un metro di giudizio adeguato per giudicare le porcate che i nostri politici compiono ogni giorno nei nostri confronti, ma perché, come giustamente afferma il nostro direttore editoriale (a pag. 16), dai tempi del Gattopardo ad oggi, passando attraverso la guerra sul Carso, il nostro popolo ha sempre avuto la colpa (io oserei definirla “presunzione”) di ritenere che la Politica non fosse affar suo, ma qualcosa da delegare a chi le mani se le voleva sporcare per lui.
Se a questo si unisce il male più grande dei nostri tempi, la disinformazione in tutte le sue sfaccettature, è chiaro che, nel 2017, ancora si sgranino gli occhi nell’ascoltare monologhi franchi, che si limitano a raccontare fatti che ci avrebbero dovuto far impugnare i forconi già diversi decenni fa.
Perché, è vero, a volte è scioccante sapere quanto sia ingiusto questo Paese, ma continua a farci comodo essere trattati come cittadini di serie B.

Autore: 
Jacopo Giuca
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