I ristoratori vegani che salvano la galassia di Milano

Dom, 10/12/2017 - 12:20

Avete sempre creduto che Milano sia in Italia, sulla Terra? Sbagliato: è su Vega, costellazione della Lira, anzi, dell’Euro.
In una puntata del programma “Quattro Ristoranti”, trasmessa (o ritrasmessa) di recente sul TV8, Alessandro Borghese ha condotto la sfida tra i migliori ristoranti “sano e buono” di Milano.
Visto che il milanese doc non esiste più o è raro più di un panda, i “milanesi” in gara erano un napoletano, due milanesi clonati e una milanese-cinese, vestita da monaco shaolin.
I quattro si sono affrontati sul terreno del “sano e buono” come se dalla vittoria dipendesse la loro vita, quella dei loro figli e delle generazioni successive, e probabilmente il destino del pianeta e dell’intera galassia. Novelli paladini della ristorazione salutista, in luogo di spade laser e siluri fotonici, si sono battuti con uova di pasta di mandorla, sfoglie di mele crude, tocchetti di tofu.
Il napoletano - come specie inferiore - è stato presto messo da parte senza troppi complimenti, stigmatizzato e additato come Neanderthal della ristorazione. In gara sono rimasti solo la Obi Wan Kenobi crudista e i due milanesi sedicenti doc, quelli col palato aduso a sapori “difficili”, come il cacao amaro e il tofu fresco.
Ma ben presto anche la milanese-shaolin crudista ha finito per soccombere al Lato Oscuro della Forza. I due cloni si sono affrontati con la stessa energia di Darth Vader e Luke Skywalker, facendo squadra contro gli altri e dandosele al momento opportuno. I ristoratori milanesi insomma hanno espunto i corpi estranei e poi hanno regolato i conti tra loro, in una perfetta strategia degna della CIA (o della ‘ndrangheta?).
Uno chef ha pronunciato le seguenti parole: “Da noi le comande arrivano dopo mezz’ora perché ci vuole mezz’ora a leggere il nostro menù che è lungo come la Bibbia e contiene la stessa verità”.
Per carità: nessuna difficoltà ad ammettere che le bibbie in circolazione abbiano lo stesso valore epistemologico di un menù di un ristorante di Milano, ma non suona un po’ arrogante come presupposto?
Dopo aver mangiato un cucchiaino di farina di mandorle, una sfoglia di zucca, un tè e aver usato il tovagliolo, arriva il conto: duecento euro per quattro persone. Mentalmente ho fatto due conti e mi sono detta che cinquanta euro a cranio sono una signora cena, qui. Certo Milano è Milano, nella costellazione dell’Euro: ci sono diverse possibilità, più popolazione, diverse richieste alimentari: Klingon, Ferengi, Arturiani, abitanti del Quadrante Gamma.
Se qualcuno ha visto la puntata forse avrà notato come uno dei ristoratori non abbia afferrato la differenza tra un baccalà vero e uno di tofu, pur ingoiandolo. Anche ammesso che non ne avesse mai mangiato in vita sua, suona strano che non sia stato colto da un sospetto, visto che il pesce ha una sistema tissutale diverso dal tofu: come confondere una Lambretta con una Ferrari. Vabbè, lasciamo correre, però poi parlano male del napoletano che non aveva il gusto del cacao amaro… vabbè, vabbè! L’altra clone, poverella, per far capire che il ristorante era suo l’aveva tappezzato con immagini del suo volto sorridente, per la serie: vedi che qualsiasi cosa mangi io ti osservo. Molto raffinata, discreta, una vera clone di Milano, costellazione dell’Euro.
Infine, il vincitore! Alessandro Borghese incorona uno dei due cloni milanesi, scartando la shaolin e il napoletano (che obiettivamente non c’entravano niente), quello più figo, più milanese milanese, con l’accento alla Berlusca e incapace di cucinare, solo titolare del ristorante.
Ecco, mi ha dato un po’ una sensazione come se Yoda avesse battuto l’Imperatore Palpatine solo perché in possesso di un diploma Jedi.
Che la ristorazione sia con voi!

Autore: 
Lidia Zitara
Rubrica: 

Notizie correlate