La mimosa delle donne

Lun, 16/02/2009 - 00:00

Diamo un’occhiata fuori: le mimose sono in fiore. Poi diamo una controllatina al calendario, è il 15 febbraio: siamo a mala pena a Carnevale, figuriamoci alla festa della donna. Sembra che alla mimosa non piaccia molto essere stata eletta a “fiore della donna”, e che si vendichi fiorendo con un mese di anticipo, anche quando gli inverni -come questo- sono lunghi, freddi e piovosi. Questa fioritura anticipata produce l’inevitabile effetto che l’8 di marzo le mimose comprate dal fioraio costeranno un capitale, qualcosa come 5 euro a rametto. La mimosa, infatti, è in assoluto il fiore da taglio che guadagna e perde valore più rapidamente in concomitanza con la “scadenza” del festeggiamento. Le mimose delle donne appartengono al genere Acacia e alla specie dealbata, ma di acacie ne esistono un’infinità, tutte a fiori più o meno giallini e piumosi. Ma noi in Italia chiamiamo “acacia” un’altra pianta, la robinia, che è poi quell’albero dai rami spinosi che si usa come filare sull’A3 e sul lato costiero della Statale 106. E’ un albero molto profumato da cui si ricava il miele (il famoso miele d’acacia). La vera mimosa, invece, è un albero molto elegante con bel fogliame e fiori piumosi rosa. Riassumendo, in Italia c’è proprio un bel casino tra mimose, acacie e robinie: è la trasandatezza linguistica con cui solitamente da noi si affrontano le questioni attinenti al giardinaggio. La “mimosa” delle donne si è conquistata nel tempo una certa posizione nei giardini di città. In campagna invece non è molto coltivata. Forse è l’indole borghese, cittadina, delle signore-bene (…) a desiderare di avere in casa il fiore simbolo delle donne. Come albero da città la mimosa non è neanche disprezzabile, nonostante la sua connotazione commerciale e la bruttezza del suo colore. Il fogliame è molto aggraziato, e quando è completamente fiorita sta molto bene vicino a fogliami dalla tonalità scura, come quelli delle palme in genere, con cui si accorda anche per portamento, fornendo un dolce contrasto di curve ai fusti cilindrici che finiscono nel ciuffo apicale. Quindi pianterei la mimosa in un bel giardino mediterraneo, tra Howea (la kentia), Phoenix canariensis e Washingtonia, che sono le palme alte più diffuse in Calabria. Sarebbe auspicabile che a tutto ciò facesse da sfondo un edificio antico, con una fontana nel cortile centrale e i muri di recinzione in pietra a vista. Insomma, il classico stile signorile calabrese. Da non dimenticare un’acacia molto famosa e diffusa, la “gaggia”, (Acacia farnesiana) che ormai è in forte diminuzione nei giardini per il suo aspetto poco avvenente e un po’ campagnolo. Tuttavia se è possibile raccogliete dei semi (per talea non esce) e riproducetela voi stessi, vale la pena per il suo profumo, uno tra i più celestiali del mondo vegetale.

Autore: 
Lidia Zitara
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