Le ‘ndrine e l’affare eolico in Calabria

Lun, 13/08/2018 - 18:20
Giudiziaria

Le mani sull’eolico delle ’ndrine è stato oggetto, nelle scorse settimane, di un’imponente operazione condotta dalla Dda reggina, che ha coordinato le investigazioni del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria.
Dall’inchiesta, con riferimento al territorio della provincia reggina, dalla quale prendevano inizio le indagini, - emergeva che gli imprenditori impegnati nella realizzazione di impianti di energia eolica dovevano necessariamente interfacciarsi con un soggetto ritenuto intraneo a una cosca egemone nei comuni di San Lorenzo e Bagaladi, mentre i parchi eolici crotonesi e vibonesi ricadevano nella competenza egemonia di altre due cosche mafiose, quella delle famiglie di Limbadi e quelle di Cutro, mentre sui parchi eolici delle alte Serre calabresi imperavano un gruppo di Filadelfia.
L’indagine, nello specifico e per come riportato nell’ordinanza di custodia cautelare, scaturisce dalla tentata estorsione ai danni di una ditta operante nel settore delle energie alternative ed ha consentito di monitorare la fase finale della realizzazione di alcuni parchi eolici sul territorio calabrese (e precisamente i parchi di Piani di Lopa- Campi di S. Antonio, nella provincia di Reggio Calabria; il parco eolico di Amaroni, nella provincia di Catanzaro; il parco eolico di San Biagio, il parco eolico di Cutro ed il parco eolico di Joppolo, nella provincia di Crotone).
Si è accertata, secondo gli investigatori, l'ingerenza estremamente invasiva della criminalità organizzata in diversi aspetti della costruzione del parco: dall'adeguamento delle arterie stradali attraversate dai mezzi di trasporto eccezionale (le così dette "Opere civili"), all'affidamento del servizio di vigilanza dell'area di cantiere, fino ad arrivare al trasporto ed al posizionamento delle turbine. Spesso i lavori erano affidati direttamente a imprese collegate alle cosche competenti territorialmente; nei pochi casi in cui le cosche non riuscivano ad assicurarsi direttamente il lavoro, richiedevano e ottenevano subappalti: le poche imprese non collegate alle cosche dovevano comunque subappaltare parte dei lavori alle ditte collegate alla criminalità e corrispondere una percentuale sull’importo dei lavori, pena l'esecuzione di danneggiamenti e furti in pregiudizio di materiali e mezzi di cantiere.
L'affidarsi alle cosche e ai loro referenti era comunque “vantaggioso” per le società che realizzavano il parco eolico: le cosche garantivano loro un pacchetto 'rutto compreso" in cui ai lavori appaltati era associata la "sicurezza sul cantiere" e la risoluzione di ogni intoppo burocratico con le amministrazioni comunali.
Nel gestire l'affare eolico, le diverse cosche competenti nei vari territori calabresi interessati hanno dimostrato anche un’elevata capacità di coesione e collaborazione tra loro, in nome del comune profitto generato dai business delle energie alternative: le cosche dominanti nei territori in cui sono stati realizzati i parchi eolici hanno ben compreso la non ordinarietà della costruzione del parco ed hanno accettalo di dividere i profitti e decidere le imprese da far lavorare tenendo conto anche delle indicazioni delle cosche "esterne": in tutti i parchi si sarebbe notata una mediazione tra le varie cosche (che talvolta porta anche ad accontentare soggetti provenienti da altri ambiti territoriali, quali ad esempio la ditta … di Cosenza).
Figura ricorrente è un soggetto che si pone da “collante” tra mondo imprenditoriale e cosche mafiose, risultando alla fine un delegato dell'ndrangheta collettivamente intesa nel settore della costruzione dei parchi eolici (quale fosse una specie di sottosegretario con delega alla costruzione dei parchi eolici). L'indagine ha poi evidenziato come le cosche mafiose abbiano trovato vari imprenditori compiacenti, operanti nel settore dei trasporti e del sollevamento della componentistica, a mezzo dei quali monopolizzare il mercato ed ottenere considerevoli cifre di denaro. Si aggiungano poi le cifre "estorte" direttamente alle ditte costruttrici dei parchi e mascherate dietro sovrafatturazioni e pagamenti di indennità in realtà non dovute e ne verrà fuori un settore estremamente remunerativo per la criminalità.

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