Trasformare Palazzo Zappia in una caserma? Meglio in una fabbrica di idee

Dom, 29/04/2018 - 16:00

Il palazzo, nato come dimora privata dell’avvocato Giuseppe Zappia, magistrato della corte suprema di Cassazione, è collocato sull’asse del Corso Vittorio Emanuele all’interno del perimetro di antica e prima formazione del tessuto edilizio storicizzato. Costruito ai primi anni del Novecento all’interno di un giardino di circa 7000 mq, è stato ridefinito negli interventi di restauro e restyling effettuati dopo il terremoto del 1908, probabilmente diretti dall’ing. Gino Zani, funzionario dell’Ufficio del Genio Civile di Reggio Calabria, noto per il suo ruolo nella ricostruzione della città. Di ispirazione neoclassica, l’edificio, sopraelevato di due metri sopra il livello stradale, si erge su un’ampia scalinata esterna articolata a doppio ordine, e presenta un seminterrato, due elevazioni e una copertura, originariamente a quattro falde, in legno e coppi, sostituita con una copertura piana a terrazzo, realizzata insieme a lavori di adeguamento sismico negli anni ’60, progettati dall’ing. Ziparo, con il programma di adibirlo a sede dell’Istituto Alberghiero. La distribuzione interna molto razionale è caratterizzata dalla centralità di un ampio atrio colonnato, di cui una parte a doppia altezza, illuminato dall’alto da lucernari, su cui frontalmente si attesta una scala monumentale a tre rampe che sale al primo piano e, dalla balconata, conduce al vasto salone di ricevimento, nell’ala est originariamente decorato con stucchi neoclassici.
Il palazzo Zappia, anche se nel tempo ha subito vari lavori adattamento e di consolidamento statico, conserva ancora i fondamentali caratteri originari ed è innegabile che esso è un’emergenza urbana, un contenitore unico di valenza storico culturale, il documento materiale della storia sociale e urbanistica di Locri. D’altra parte lo stesso PSC, nuovo strumento urbanistico di cui si è dotata recentemente Locri lo ha identificato come edificio “identitario”; tale riconoscimento provoca automaticamente il vincolo da parte della soprintendenza ed è soggetto a una serie di limitazioni e, soprattutto, non può essere adibito a usi non compatibili con il suo carattere storico o artistico, o tali da recare pregiudizio alla sua conservazione o integrità (art.21 D.Lgs 42/2004 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio). Di recente c’è stata un’iniziativa da parte dell’amministrazione Comunale di Locri che ha deciso di convertire lo storico palazzo “Zappia“ a caserma della Guardia di Finanza, considerandolo alla stregua di un edificio qualunque, un capannone industriale da riempire a caso. Se la motivazione di questa scelta era quella di salvare l’edificio dal degrado e dalla sua sottoutilizzazione (esso non è un rudere disabitato), è condivisibile, ma non è accettabile che per salvarlo si scelga la strada della sua radicale trasformazione e suo inevitabile snaturamento. Le condizioni attuali di degrado e di obsolescenza di cui soffre il fabbricato ci appaiono incomprensibili e ingiustificate, considerando che la Fondazione ha a disposizione altri immobili propri da cui ricavare fondi da locazione e un’azienda da cui potrebbe trarre un reddito sicuro, provato dal fatto che negli anni passati vennero utilizzati somme ingenti per ristrutturare, l’immobile posto di fronte a questo palazzo e che è ora sede di un’attiva accademia musicale. Si aggiunge che la Fondazione pur avendo la possibilità, non ha presentato progetti per impiegare i finanziamenti pubblici, anche in convenzione con altre istituzioni pubbliche o private.
Questo ha portato alla perdita di varie opportunità come quella di divenire la prestigiosa sede del Museo archeologico di Locri che, con una certa forzatura, è stato costretto nei ristretti locali di palazzo Nieddu-Del Rio.
Anche se utilizzata nel tempo per fini nobili e coerenti con gli obiettivi della fondazione che prevede l’utilizzazione del proprio patrimonio per formare alle professioni orfani da inserire in attività lavorative, esso è stato sottoutilizzato, ospitando nel tempo attività assistenziali, quali servizi per l’aiuto della persona affetta da disabilità, servizi di animazione socio educativa e in ultimo un’ottima Scuola di recitazione teatrale, frequentata da aspiranti attori, da insegnanti, educatori, animatori. Ma questo non basta se non si ha un progetto chiaro e una strategia d’insieme, una visione allargata, di come e quando recuperare questo immobile e l’area di rispetto del giardino.
Ci chiediamo se corpo di polizia ad ordinamento militare, per l’esercizio delle proprie funzioni, necessiti di un palazzo storico, tutelato dalla sovrintendenza. Con questo non vogliamo opporre il nostro divieto tout court, ma invitare a tenere conto che il recupero e la riutilizzazione del patrimonio edilizio esistente di qualità rappresenta, oltre che una valida occasione per riqualificare gli spazi urbani degradati, anche un’opportunità per creare occupazione e impresa, attività e dinamicità sociale e culturale. Riconosciamo che aver sollevato la questione del riuso del palazzo per evitare la sua “ruderizzazione” sia meritevole, perché può dare spunto per iniziare una riflessione più ampia sul territorio e il patrimonio architettonico. Il recupero degli edifici è uno degli approcci più convenienti e logici, per evitare l’ulteriore cementificazione del territorio, ma in questo caso si propone una soluzione sbagliata. Il palazzo Zappia può avere altre funzioni, esso si presta perfettamente a diventare un riconoscibile brand del centro storico di Locri, “Città della Cultura”. Per questo riteniamo che ci voglia un coinvolgimento collettivo di tutti i cittadini, con la costruzione di una rete di relazioni delle associazioni culturali, degli architetti, degli artisti, degli organismi della fondazione, dell’amministrazione comunale per condividere competenze finalizzate a sostenere le strategie di riqualificazione non solo del palazzo Zappia ma di tutti gli immobili dismessi, degradati o inutilizzati, coordinando la domanda di riuso con l’offerta di beni privati, in un percorso condiviso. Siamo sicuri che da questo lavoro usciranno fuori idee creative e soluzioni sostenibili.

Autore: 
Pasquale Giurleo
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