“Il caso Palamara ha fatto emergere un malessere covato per decenni”

Dom, 22/11/2020 - 11:30
Intervista a Fabrizio Cicchitto

Fabrizio Cicchitto ha compiuto nelle scorse settimane ottanta anni. Non li dimostra affatto per la sua intatta vivacità politica e culturale che si esprime attraverso i suoi libri e gli articoli e le riflessioni lucide e acute che appaiono su diversi giornali. È stato uno dei leader del Partito Socialista Italiano e, insieme a Claudio Signorile e a Gianni De Michelis, ha guidato la corrente della sinistra lombardiana, contribuendo all’ascesa di Bettino Craxi alla guida del partito. A quattordici anni, come racconta in un’intervista a Salvatore Merlo su “Il Foglio”, sviluppò un fortissimo interesse per la politica. In seguito ai fatti d’Ungheria si avvicinò al movimento radicalsocialista e si iscrisse al PSI nel 1959. L’incontro con Craxi avvenne all’Unione goliardica, all’università e, nel 1963, portato da Fernando Santi, collaborò all’Ufficio Studi della CGIL. Nel 1974 fu nominato responsabile del settore Stampa e Propaganda del partito, proprio quando si tenne il referendum sul divorzio. È stato parlamentare per ben sette legislature, le prime tre con il PSI e le successive con Forza Italia. Il suo strappo politico e la sua adesione al partito del Cavaliere è stata determinata da un “bisogno di vendetta” dopo il “colpo di stato” del ’92-’94, orchestrato dal pool di Milano con il sostegno di ben individuati settori politici. La rottura con Berlusconi risale alla presa di distanza del Cavaliere dal governo di Enrico Letta quando, insieme ad Alfano, diede vita a una nuova formazione politica. Attualmente presiede l’Associazione “Riformismo e Libertà”, contestando esplicitamente le posizioni della Lega di Salvini e riprendendo il dialogo con tutte le espressioni del mondo socialista.
Su “Il Riformista” del 24 ottobre, tu e Biagio Marzo avete lanciato lidea di indire un referendum sulla Giustizia, dopo che il caso Luca Palamara ha messo in evidenza che esiste una lotta di potere allinterno della magistratura che arriva fino allordine gerarchico più elevato, il Consiglio Superiore della Magistratura. Ci puoi spiegare il senso di questa iniziativa?
È arrivato il momento di indire uno o più referendum su aspetti fondamentali relativi alla giustizia italiana e la magistratura, dopo il caso Palamara. Ciò, naturalmente, non significa che si vuole intaccare l’indipendenza e l’autonomia della magistratura. Bisogna piuttosto liberarla dalla ruggine di privilegi accumulati nei decenni. Voglio fare due esempi: gli incarichi extragiudiziari dei magistrati – la loro seconda attività – che negli ultimi sei mesi è cresciuta, raggiungendo il numero di 961, rispetto ai 494 dei sei mesi precedenti, e l’uso eccessivo della custodia cautelare. Questo è il quadro nel quale si svolse il referendum sulla giustizia giusta, l’8 ottobre 1987, per stabilire la responsabilità civile per i magistrati. Certamente bisognerà studiare sul piano tecnico come i referendum devono essere articolati e i punti specifici su cui far pronunciare i cittadini, che possono essere la separazione delle carriere, il CSM, i termini processuali, gli incarichi extragiudiziari, la carcerazione preventiva e, su un altro piano, le intercettazioni e la prescrizione.
Il caso Palamara e il dibattito che ne è seguito ha fatto da detonatore alle questioni riguardanti il ruolo e la funzione dei magistrati nel nostro Paese, e ha messo in luce anche come ben individuati settori dellordine giudiziario hanno assegnato un carattere salvifico alla loro attività, determinando uno squilibrio evidente dei poteri. Cosa ci puoi dire a questo proposito?
C’è stata certamente una magistratura che ha pagato un prezzo altissimo al suo impegno contro la mafia e contro il terrorismo. C’è stato, però, anche il rovescio della medaglia, e cioè una magistratura che ha fatto politica e che, con “Mani Pulite”, ha operato una forzatura al limite dell’eversione: tutti i partiti si finanziavano in modo irregolare ma solo alcuni di essi vennero distrutti, mentre altri sono stati salvati e favoriti. Con il caso Palamara è venuto fuori come il correntismo e il carrierismo hanno messo l’ordine giudiziario in una condizione di credibilità decrescente. Gli italiani ora diffidano sempre più della magistratura. L’inversione di tendenza, appunto, si è verificata con l’esplodere della vicenda Palamara, ma il malessere durava ormai da decenni. Sono migliaia, infatti, i casi di promozione all’interno della magistratura decisi dalle correnti con l’intervento della politica. Il caso Palamara, quindi, è servito per far comprendere bene i meccanismi del funzionamento del potere giudiziario. Tocca al referendum, quindi, a un referendum ben concepito, riformarla una volta per tutte.
Veniamo ora alle vicende del mondo socialista, del quale, al di là delle scelte di ognuno, non hai mai cessato di sentirti parte, sicuramente in termini di valori, idee e tratti caratterizzanti come il riformismo e il garantismo. Su “Il Riformista” in un lungo e interessante saggio dal titolo “Il capitalismo non riesce più a gestire le sue contraddizioni, la soluzione è il socialismo”, hai ipotizzato la nascita di un “Partito Socialista” del terzo tipo; puoi spiegarci bene questa tua tesi?
Non c’è dubbio che i partiti socialdemocratici europei hanno fallito rispetto alle contraddizioni nuove e antiche del capitalismo e, proprio per questo, c’è assoluto bisogno di un Partito Socialista profondamente diverso dai due modelli attuali, da quello subalterno alla globalizzazione, alla finanziarizzazione dell’economia e ai meccanismi prevalenti dell’Unione Europea e da quello alla Jeremy Corbyn, che mi ricorda maledettamente Dario Valori e Tullio Vecchietti senza però la genialità culturale di Vittorio Foa. Occorre, pertanto, una terza versione del socialismo democratico, in grado di condizionare e regolare quella forma di capitalismo intrecciato a finanziarizzazione e deregolamentazione che produce diseguaglianze devastanti, precariato, emarginazione. E di essere protagonista di iniziative e di politiche in grado di fronteggiare le drammatiche contraddizioni di questa fase: da quella ecologica a quella sanitaria che stiamo vivendo nell’anno in corso, con conseguenze tragiche per le implicazioni economiche e per l’incertezza sull’andamento della pandemia in corso.
Nel nostro Paese, dove levoluzione della sinistra italiana successiva al 1989 ha registrato tutte le anomalie e le contraddizioni che hanno portato alla formazione dellunico “Partito Democratico” presente nello scenario europeo, che cosa si può fare e qual è il tuo punto di vista?
Assistiamo a un evidente paradosso: quello del “Partito Democratico”, che è formalmente socialista in Europa ma non in Italia e che per non fare la sua Bad Godesberg ha venduto l’anima al diavolo. Prima ai magistrati per aiutarli a risolvere l’eresia socialista e poi ai poteri forti, consentendo la svendita del patrimonio pubblico ai soliti noti. Il PD, che non ha fatto i conti con i pericoli e i guasti prodotti dalla globalizzazione e da una unità europea solo monetaria, è diventato così agli occhi degli italiani un partito dell’establishment. A Roma, per esempio, nei quartieri del centro storico, dove abita l’alta borghesia, votano PD e nelle borgate che erano il bacino elettorale dei comunisti, prevalgono, invece, la Lega e Fratelli d’Italia.
E, quindi, cosa bisognerebbe fare? È realistico pensare a una nuova forza socialista e dove dovrebbe collocarsi? Alla sinistra del PD? Cosa pensi e cosa proponi?
Dovrebbe aprirsi uno spazio, riformista identitario, che il PD non riesce a colmare. Personalmente mi ritengo ormai un riformista minimalista, ma certe battaglie contro l’Europa dei vincoli e dei patti di stabilità si dovevano fare prima che il virus le vincesse. Apprezzo i tentativi di Renzi e di Calenda che contengono elementi di riformismo degni di nota, ma sono troppo segnati da un profilo personalistico.
Oggi, da più parti, e anche dal Colle, si auspica un Governo in grado di fronteggiare più adeguatamente e con più incisività questo maledetto virus, sostenendo che nei momenti più difficili anche forze di opposta collocazione politica dovrebbero allearsi per il bene del Paese. E molti pensano a Mario Draghi. Qual è la tua opinione?
Lo troverei giusto. Ma ne vedo tutte le difficoltà. Penso ai 5 Stelle, che rappresentano un fermento di autoritarismo e di giustizialismo conditi con l’incultura. Abbandonerebbero Giuseppe Conte per imbarcare Draghi? E così Giorgia Meloni, che continua a parlare di inciucio ogni volta che si ipotizza un governo di unità nazionale e i salviniani oltranzisti della Lega, che hanno sempre considerato Draghi il nemico numero uno. Insomma, le difficoltà sono davvero tante e la mia convinzione è che questo Governo, con questa opposizione, non sia in grado di affrontare le emergenze in corso e quelle che il dopo virus ci lascerà in eredità.

Autore: 
Michele Drosi
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