Accogliere Salvini per dirgli il fatto nostro

Dom, 12/08/2018 - 16:40

Mercoledì 15 agosto, giorno in cui gli italiani staccano la spina per correre al mare o alla più vicina montagna e affogare pensieri e parole, a San Luca, paese natale dello scrittore Corrado Alvaro, arriva il ministro degli Interni Matteo Salvini, il quale per una volta tanto decide di annullare la tradizionale festa della Lega che si tiene in questo giorno a Ponte di Legno per visitare il paese della ndrangheta, convocando una riunione - in uno dei suoi edifici che poi è un immobile confiscato a un boss mafioso - del Comitato Nazionale per l’ordine pubblico e la sicurezza, perché come spiega Salvini, questo è il solo modo per togliere le mutande alla ndrangheta. Accoglierlo come i nostri concittadini hanno fatto nel 1966 con Giuseppe Saragat il quale nella sua qualità di Presidente della Repubblica decise di visitare la Calabria e la casa del suo amico Corrado Alvaro, ed era per l’occasione accompagnato dal ministro degli Interni, Paolo Emilio Taviani e il vice presidente della Camera nella persona di un certo Sandro Pertini, mi sembra un po’ difficile, ma riservare a una delle più alte cariche del nostro Paese il rispetto e gli onori che la carica si meritano, è un dovere morale dal quale non si può prescindere. Sperare poi che il ministro Salvini dopo aver lasciato la ndrangheta in mutande, trovi un attimo del suo tempo scandito dalle pale di un elicottero per dialogare con la gente di San Luca che all’uomo di governo vuole spiegare per raccontare, i drammi e i problemi di una comunità molto frettolosamente messa alla gogna e stampata sulle prime pagine di tutti i quotidiani nazionali e non, rientra tra i diritti dei cittadini di San Luca, inginocchiati da una fuga senza tregua dei suoi giovani che vanno a cercare il loro futuro altrove, mentre il paese aspetta ancora di capire perché lo Stato si è dimenticato di ricostruire la e case del paese vecchio, ferite e divelte dall’alluvione che colpì San Luca a cavallo del mese di dicembre 72 gennaio 73. E spiegare al Ministro degli Interni, con la speranza che lo capisca il mondo intero, una volta per tutte che a San Luca la gente non ne vuole più sapere di politica ed eventuali elezioni perché è stata considerata ndranghetista a prescindere, e perché il paese è ancora in attesa di capire perché nel 2013, e quando mancava poco meno di una settimana alla riapertura delle urne, le due liste che si erano presentate ai nastri di partenza, furono annullate e bocciate perché l’amministrazione che stava per scadere, quella guidata dal sindaco Sebastiano Giorgi fu sciolta per infiltrazioni mafiose. Il sindaco e un assessore finirono addirittura in carcere, per la gioia dei grandi giornali che gli dedicarono gigantografie, titoloni e articoli a quattro colonne, fino a quando, e siamo nel 2018, la Cassazione non ha decretato l’assoluzione dello stesso sindaco e dello stesso assessore, liquidati, sempre dai grandi giornali con due righe, appiccicati in fondo alle pagine meno interessanti e senza neppure una foto, perché per loro non è cambiato nulla e quelle accuse che a questo punto dovrebbero essere morte e sepolte, continuano a puzzare più del caldo che ci sta opprimendo, perché i professionisti della scrittura e della parola a effetto continuano a preferire parlare di comune sciolto per infiltrazioni mafiose, punto e basta. Ignorando che così facendo si correrà soltanto il rischio di tenere a debita distanza tutti coloro che invece della politica vorrebbero fare quasi uno strumento di lavoro, perché essere eletti consiglieri comunali per poi subire l’onta dello scioglimento solo perché ti hanno visto al bar prendere un caffè nello stesso momento in cui lo stesso liquido veniva sorseggiato da un presunto ndranghetista, o perché ti sei assunto la responsabilità di rispondere al saluto di un uomo che ha dei precedenti penali, non riuscendo a capire che nei piccoli paesi il saluto è sinonimo di educazione e non si nega a nessuno, o addirittura perché hai partecipato alle esequie di un povero cristo passato a nuova vita che ha il solo torto di essere parente di un ex carcerato, è una tara che i sanluchesi si sono stancati di portare sulle spalle e sopportare. Una tara che da fastidio e può nuocere a tutta la famiglia, figli compresi, i quali pur di sfuggire da questa scomoda e assurda situazione, hanno preferito a loro volta fuggire via, in cerca di quel futuro, anche politico, che nella tua terra, pseudo professionisti e pseudo sistemi ti hanno negato a priori, perché San Luca e la sua gente, piaccia o no, devono continuare a essere considerati “ndranghetisti a prescindere”, al fine di non fare perdere effetto all’appiccicoso e scomodo titolo di “Mamma della ndrangheta”. Di padre in figlio, nei secoli dei secoli. Lo capirà tutto questo il Ministro Salvini? E troverà un attimo del suo prezioso tempo per stare ad ascoltare la gente di San Luca che come scriveva il suo figlio più illustre, Corrado Alvaro, vogliono solo essere parlati? Lo capiremo, forse soltanto mercoledì il giorno in cui i sanluchesi che hanno a cuore le sorti del proprio Paese saranno chiamati a salutare con il rispetto che si deve, un uomo dello Stato, che decide di visitare il nostro comune per dirgli il fatto suo, e al quale noi speriamo di poter dire per raccontare, anche il fatto nostro!

Autore: 
Antonio Strangio
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