Addio trenu meu

Dom, 28/09/2014 - 19:16
Lo smantellamento della tratta ionica calabrese delle ferrovie non è solo un viaggio che non c’è più o la stazione intesa come piazza o, addirittura, il profumo della cuccetta, ma è il pane; è il ritorno a casa di tanti figli. Ed è, soprattutto, la giovinezza di quei padri che abbiamo tradito

Nell’aria da un decennio, è iniziato, tra le denunce di pochi, lo smantellamento della ferrovia ionica. Per anni la ferrovia ionica era stata data per morta. In realtà non lo era e solo subdole manovre politico-gestionali facevano intendere che tutto fosse perduto e che alla nostra ferrovia la popolazione non fosse più interessata né come clientela né come indiretta e passiva beneficiaria. I responsabili erano chiari e sotto gli occhi di tutti, ma si è sempre preferito rivolgersi ad indefiniti soggetti, come spesso capita da queste parti quando si parla di cose pubbliche, piuttosto che chiedere precisamente conto a chi di dovere.
“Ce l’hanno cacciato” l’inutile e stupido grido che per sfortuna nostra non era e non è solo sulla bocca del popolo meno attento a ciò che va oltre le nostre aspre, a queste latitudini, quotidianità. Via via nel tempo i nomi sono venuti fuori e rispondevano agli assessori regionali e ai ministri nonché ai parlamentari e amministratori locali che, complici, nulla o quasi hanno avuto da dire non sul mero finanziamento dei contratti di servizio nazionali o regionali, contratti con cui lo Stato e la Regione acquistano i servizi ferroviari, ma sulle tante surreali situazioni che o per incapacità gestionale o per malafede andavano prontamente denunciate o perlomeno prese in carico rispondendo a chi quelle denunce, associazioni e comitati, le ha sempre fatte.
Orari non corrispondenti alle capacità tecniche di linea e di mezzi, coincidenze inesistenti per 2 (due!) minuti, soste inspiegabilmente lunghe in alcune stazioni per incroci da poter fare tranquillamente in quelle successive, prenotazioni impossibili da fare ed orari comunicati all’ultimo momento ad ogni cambio orario, previsto nei periodi più trafficati, scarsa pulizia, assenza di promozione dei nuovi e più confortevoli servizi, assenza di treni proprio nelle fasce orarie più frequentate, chiusura delle biglietterie, assenza delle macchine automatiche, mancanza di controlli e svergognate dichiarazioni sulla bassa vendita di biglietti (da comprare dove?) a giustificare la riduzione dei servizi. Penultima mazzata l’abolizione dei treni a lunga percorrenza e dei normali treni regionali sulla jonica per il ridicolo mancato adeguamento alla normativa europea che di colpo mandava in pensione non i treni, ma le sole porte a maniglia, salvando quelle ad apertura laterale non gestibili dai locomotori diesel e quindi fuorilegge. Locomotori che andavano quindi adeguati e non mandati quasi tutti sulle linee TAV come soccorso alle Frecce Rosse, Bianche e Argento. Roba da poche migliaia di euro di investimento. Ultima mazzata, e che sa di beffa nonché di presunto danno erariale, lo smantellamento programmato del secondo binario di alcune stazioni dopo che solo meno di 6 anni fa sono stati investite decine di milioni di euro per ammodernarle e velocizzarne il transito dei treni. Stazioni che solo in alcuni casi sono da considerarsi secondarie e non è il caso di Marina di Gioiosa Jonica, snodo Jonio-Tirreno e di interscambio con i bus (sic!) delle Ferrovie della Calabria, che, tra i tanti soprusi, non ha la fermata dell’unico treno del giorno che la vedrebbe indiscussa protagonista, quello per Crotone, utilizzabile anche dalla popolazione della Piana di Gioia Tauro così come non aveva le fermate dei treni per la Puglia. Si è ancora in tempo per fermare tutto questo e dare alla fascia ionica, in cui vive la metà della popolazione della regione, il sistema di trasporti completo ed efficiente che qui, più che altrove, è vitale per lo sviluppo ed una normale qualità della vita, qualità che dipende dall’agevole raggiungimento dei luoghi d’interesse. Antonio Guerrieri – Responsabile Trasporti, Infrastrutture e Ambiente SEL Calabria

Autore: 
Antonio Guerrieri
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