Anthus: “Nel mio caleidoscopio vedo una Locride meravigliosa”

Dom, 26/08/2018 - 16:20

Secondo i critici specializzati è una delle migliori voci maschili del jazz spagnolo. Originario di Campobello di Licata, in Sicilia, Anthus è stato il protagonista della prima serata di “Going West” al Teatro al Castello di Roccella, il nuovo marchio del Roccella Jazz Festival che quest’anno ha voluto sottolineare lo sguardo ad occidente, all’italianità, facendone il tema chiave di questa XXXVIII edizione.
All’età di 19 anni lasci la Sicilia per l’Irlanda. I primi mesi sono duri, poi la visione di un film, “Billy Elliot”. Cosa ha significato per te?
Con questo film ho rivisto la mia vita passata, le incomprensioni con mio padre, con una società ostile al cambiamento, al nuovo, al diverso, ma ho visto soprattutto speranza, costanza, disciplina e determinazione nel credere che tutto fosse possibile e tutto era nelle mie mani. Mi sono rimboccato le maniche il giorno dopo il film. Quando bisogna realizzare i propri sogni non c’è un minuto da perdere, così mi sono presentato alle audizioni del “Guidhall School of Drama & Music” e dopo circa un mese, proprio come nel film “Billy Elliot”, ho ricevuto una lettera che mi informava di aver superato le prove. Iniziava il mio cammino nel jazz.
Dopo l’Irlanda, Barcellona: finalmente la città che cercavi. Sarà la tua casa per sempre o pensi di fare ritorno in Sicilia un giorno?
Sì, credo che questa sia la mia casa definitiva, ma nulla è per sempre. Chi lo sa cosa ci riserva il futuro. Sento di portare dentro di me i luoghi della mia infanzia, con i loro colori e suoni, e li rivedo con nostalgia. Porto dentro di me tutte le persone che mi hanno accompagnato durante i miei viaggi e non dimentico chi mi ha incoraggiato, chi mi ha sorriso… in un certo senso la Sicilia che mi piace vive dentro di me.
Nel tuo ultimo album “Calidoscòpic” sovrapponi più svariati suoni: si va dal jazz contemporaneo a quello classico, dai suoni mediterranei al pop e persino al rap. Cosa hanno in comune tutti questi stili?
Calidoscòpic è il desiderio di voler raccontare chi sono veramente: un Mediterraneo nato in un’isola circondata dal mare blu e popolata da alberi d’arancio e allori, una terra che emette suoni che raccontano l’isola e che hanno ispirato le mie composizioni. Sono un mediterraneo innamorato del jazz contemporaneo, che cerca nell’improvvisazione l’espressione massima di quello che sente. Sono un mediterraneo jazz, senza cliché o dogmi, aperto alle nuove poesie urbane racchiuse nel rap, fra stili diversi e che hanno accompagnato i miei viaggi. In definitiva, il filo che unisce tutti questi generi è l’amore per la musica e il voler celebrare la diversità, il cambiamento, l’evoluzione e l’eclettismo dell’uomo.
In “Calidoscòpic” immagini la nostra vita quotidiana composta da infinite finestre e specchi che cambiano in base alla luce o al nostro angolo di visione. Che immagini rimanda il caleidoscopio della Calabria e della Locride in particolare?
Le immagini e i colori sono svariati. Rivedo nella Locride il blu del mar Ionio, il cui nome mi ricorda le mitologie greche. Vedo il verde delle montagne sontuose che abbracciano i vostri paesi e città, il nero di qualche campo bruciacchiato dopo la mietitura, ma soprattutto il rosso del vostro calore e della vostra accoglienza. Non conoscevo tutto ciò e mi è piaciuto scoprirlo.
Tra i brani del tuo ultimo album, ce n’è uno scritto in una lingua inventata, una fusione di catalano, siciliano, francese e napoletano. Dopo la tua esperienza al Roccella Jazz Festival penserai a una canzone in calabrese?
Perché no? Quando siamo atterrati all’aeroporto di Lamezia, ho sentito una signora parlare con la sua famiglia in calabrese e mi è sembrata una lingua affascinante. Vorrei saperne di più e, chi lo sa, forse il mio prossimo album potrebbe contenere qualche brano in calabrese!
Che ricordo conserverai di questa esperienza al Roccella Jazz Festival?
Sento che questo sarà uno di quei ricordi che rimarranno impressi nella mia mente per tutta la vita. Al Roccella Jazz Festival, ho conosciuto delle persone splendide, accoglienti, disponibili, attente e soprattutto di grande valore umano. Mi hanno stupito i ragazzi che si dedicano a diffondere le proprie idee attraverso il loro giornale virtuale, mi ha rallegrato vedere che c’è chi crede nel festival e nella propria città, nella propria cultura musicale e fa da volontario, c’è chi mette a disposizione degli altri le proprie conoscenze e fa da traduttore durante le conferenze. Se questi sono i ragazzi di Roccella, vedo un brillante futuro per la città. Mi ha fatto un enorme piacere conoscere il direttore artistico, il prof. Vincenzo Staiano, i coordinatori e tutto lo staff che si sono occupati del festival in maniera ineccepibile. Il luogo del concerto, il Teatro al Castello, è un posto magico e il pubblico con cui abbiamo condiviso le nostre emozioni è stato calorosissimo dal primo momento fino alla chiusura dei cancelli, quando ha espresso il proprio entusiasmo per la nostra musica senza risparmiare complimenti e auguri. Cosa potevamo desiderare di più? Il Roccella Jazz Festival è stata una bellissima esperienza e la sua gente la porteremo sempre dentro di noi.

Foto: Domenico Scali

Autore: 
Maria Giovanna Cogliandro
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