Chi scegliere tra vili travestiti e uomini liberi e rappresentativi?

Gio, 03/10/2019 - 10:20

Ho letto con profonda amarezza il doppio articolo apparso su “Gazzetta del Sud” con il quale si dava, da un lato, voce a Paolo Fragomeni, dall'altro, spazio a una parziale delirante motivazione redatta da altrettanto deliranti giudici del TAR del Lazio. A scanso di equivoci dico subito di conoscere e stimare Paolo Fragomeni da oltre vent'anni e, se ciò non bastasse, dico pure che sottoscrivo, senza reticenze, lo spaccato di umanità mista alla sua stessa storia personale e politica. Non è mistero più per nessuno intuire che dietro queste operazioni di “bucato sociale e politico/istituzionale”, si nasconde la forma più parassitaria e becera che lo Stato esercita per allenare nuove generazioni di “Gerard De Villefort, Procuratore del re”, per distruggere ciò che il popolo elegge a proprio rappresentante. Non sarebbe irragionevole chiedere sulla base di quali elementi concreti, in nome della guerra alla ‘ndrangheta, si usano come strumenti di contrasto: la cultura del sospetto con le procedure della santa inquisizione. È dunque sul probabile e sul verosimile che un uomo e la sua storia viene messo alla gogna, senza possibilità di poter certificare la quantità e qualità di elementi di segno contrario, emergenti da un vissuto mai equivocabile a cui sempre hanno attinto uomini di partito, uomini delle istituzioni e, soprattutto, la gente comune sempre meno tutelata dai partiti, dai sindacati e dalle istituzioni, centrali e periferiche. Occorrerebbe, semmai, una profondità di lettura, capace di stringere, appena dietro la superficialità investigativa, i fili assai tesi e netti della verità. Penso alla lucida intuizione di Leonardo Sciascia quando scrive che “la storia della colonna infame rappresenta l'ingorgo, il punto malsicuro della agognata provvidenza che anima il resto del percorso manzoniano”. Non pensava Manzoni di diventare straordinariamente attuale nelle vicende di speranza e di infamia che in questo tempo agitano il nostro vivere civile. Siderno, Gioiosa, Palizzi, Platì e prima ancora San Luca, Ardore e tanti altri centri hanno subìto il trauma del commissariamento prefettizio. Ma se intere comunità portano il segno della ‘ndrangheta e persino l'ospedale è specchio fedele della nostra sieropositività sociale, a quale titolo vantiamo ancora qualche diritto civile? Perché oltre a commissariare le municipalità non si sospende Urbi et Orbi il diritto di voto? Ecco, in pochi tratti, la raffigurazione di un paradosso tutto locrideo. È mai possibile pensare che attraverso la censura anagrafica/parentale e giammai sulla esposizione di elementi certi, la vita di un uomo, il futuro delle persone che riconoscono in lui la guida naturale oltre che politica, debba subire brutali tagli di speranza e di sogni? Oltretutto coinvolgendo una intera comunità in un inganno che si traduce indelebilmente come marchio pubblico. Ora è tempo che anche gli oppositori politici di tutti coloro che ingiustamente sono costretti a portare la croce della vergogna, dicano: “non è vero ciò che raccontate di questi uomini”. La ‘ndrangheta la si riconosce sempre, anche quando si traveste da istituzione, con più difficoltà, ma si riconosce nello stile e nella viltà.
Io tra i vili travestiti e Paolo Fragomeni, sto con Paolo Fragomeni.

 

Autore: 
Pino Mammoliti
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