Dal “romanticismo” di Morra al “pragmatismo” di Gratteri

Dom, 04/10/2020 - 09:30

Proprio adesso che l’attenzione ai problemi della Calabria stava finalmente cominciando a vertere su questioni altre rispetto a quella criminale, le audizioni organizzate questa settimana a Catanzaro dalla Commissione Parlamentare Antimafia hanno ribadito l’attualità del problema in maniera tutt’altro che costruttiva.
Dall’inizio dell’anno la pandemia, la questione sanitaria, quella dei rifiuti e quella scolastica, la recente tornata elettorale e alcuni provvedimenti della Giunta Regionale volti a “svecchiare” alcuni carrozzoni burocratici, hanno dimostrato quanto la Calabria soffra di una serie di problematiche, talvolta emergenziali, che non possono e non devono essere ricondotte (esclusivamente) alla capacità della ‘ndrangheta di permeare il tessuto socio-economico del nostro territorio.
Sia chiaro, non vogliamo in alcun modo negare che il problema esista e sia da affrontare di petto (e, magari, una volta per tutte), ma il sistematico accredito di ogni forma di arretratezza del nostro territorio alla questione criminale ci è sembrato in un po’ troppe occasioni la scusa di comodo per chiudere più di un occhio sulle difficoltà ataviche della nostra terra.
Proprio adesso che l’approccio stava mutando, dicevamo, una dichiarazione del Presidente della Commissione Parlamentare Nicola Morra ci spinge nuovamente al centro di quel tunnel in fondo al quale ci pareva di scorgere una timida luce. «La Calabria - ha infatti affermato il senatore pentastellato - deve tornare a essere un'emergenza nazionale perché la diffusione del fenomeno criminale, in particolare 'ndranghetistico, è tale per cui non si può più soprassedere». A lasciarci basiti non tanto la scelta di parole effettuata che, peraltro, boccia senza appello l’operato recente della magistratura calabrese, ma la contestualizzazione che il senatore fa della propria affermazione. «Il livello di infiltrazione [della ‘ndrangheta] e di contaminazione dell'economia privata o pubblica - ha infatti dichiarato Morra. - non è solo un problema di carattere economico e, per questo, si è ragionato anche di fenomeni che rinviano alla religiosità popolare: sappiamo bene, infatti, che certe organizzazioni il consenso lo cercano sfruttando credenze e fedi antichissime». Un’affermazione che alimenta una volta di più l’idea di una Calabria tribale sdoganando un’idea che non solo è stata ormai accantonata anche dai più giustizialisti, ma non corrisponde nemmeno alla realtà dei fatti contemporanei.
Al sistema di credenze che crea terreno fertile per la ‘ndrangheta, in effetti, ha dimostrato di non credere nemmeno il Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri che ha risposto a Morra che l’approccio emergenziale nei confronti del nostro territorio è perdente. «Io farei uno studio e un approccio sistematico - ha dichiarato Gratteri, - perché l’emergenza nazionale sulla criminalità organizzata non la vedo solo per la Calabria, ma ci sono tante altre parti d’Italia in cui c’è una presenza sistematica delle mafie che richiederebbe che si parli di stato di emergenza. Per questo si deve varare una ricetta per tutto il Paese - ha concluso il Procuratore, - non una dedicata esclusivamente a un determinato territorio». All’approccio “romantico” di Morra, che ci invita a seguire le credenze popolari, Gratteri contrappone quello più pragmatico che lo convince a “seguire i soldi” invitando a porre la massima attenzione su quale sarà l’effettivo impiego che la nostra terra farà del denaro a essa destinato dal Recovery Fund. Proprio su questo aspetto, ha dichiarato il Procuratore, si dovrebbero concentrare i controlli (preventivi) della magistratura e delle Forze dell’Ordine, un’indicazione (ahinoi) di quanto complicato sarà trasformare anche in questo caso i fondi pervenuti in progetti di sviluppo concreto del nostro territorio.
Ma forse questo è lo scotto da pagare per un retaggio che, dopo i santini, oggi fa bruciare le tappe delle carriere nei palazzi di Governo…

Autore: 
Jacopo Giuca
Rubrica: 

Notizie correlate