Fine di una notte di mezza primavera

Sab, 11/07/2020 - 10:00
Calabrese per caso

Devo dire che a leggere quanto accade nel mondo non ci si annoia mai. Tra drammi e isteriche compulsioni dovute alle guerre economiche diffuse e combattute senza colpo ferire, almeno fisicamente, ogni nostro quotidiano si apre con una quantità infinita di notizie dove il discrimine, nonostante gli sforzi di commissioni varie, tra il vero o il falso, il serio e il faceto o il sacro e il pagano, occupano spazi sottratti al nostro contorno di vita. Così, anche quanto accade sul fronte della giustizia con indagini ad alta quota - in termini di persone e incarichi coinvolti che, tra CSM e avvocature varie, sembrano distrarre da riflessioni cercando di disperdere un senso di frustrazione nel gioco del “mal comune” - o dopo le polemiche sul fronte dell’offerta sanitaria cui si aggiunge la salsa forse insipida dell’emergenza vitalizi, rendono veramente interessante la cronaca della regione. Insomma, sembra che non si perda occasione per ricercare un modo, una notizia, un modello di comunicazione tale, nei fatti, a far parlare di sé. E, attenzione, in termini comunicativi non è necessario che si parli solo bene… ma l’importante è che, nel bene o nel male… se ne parli. Ora ogni lettore, credo, vorrebbe che se ne parlasse in termini quasi positivi, magari per esorcizzare un presente nel quale l’ordinarietà della vita delle persone più semplici non vorrebbe curarsi delle sensazionalistiche trovate di una politica senza meriti, o di funzionari che costruiscono notizie pensando che un’indagine possa andare ben oltre le aule di un tribunale, se mai vi arriverà. Oppure, sempre il lettore, si auspica di poter leggere di una  sanità che possa essere il simbolo, quasi etereo, di un’efficienza o di favole circa vitalizi pagabili anche per un sol giorno al fortunato vincitore della lotteria elettorale. Ma, spiace per lui, l’idea che la Calabria sia la terra dove tutto è possibile sembra quasi un gioco senza fine nel rincorrere visibilità rendendoci, anche nel limite delle nostre possibilità dialettiche e… culturali, spettatori quasi agnostici, e purtroppo apatici, di una sorta di Truman Show che non vorrebbe avere nulla da meno di quanto già non accade a livello nazionale con una differenza: quella di distinguerci per fantasia. In questa costruzione della notizia, o in questa recidivante capacità di sorprendere quasi come trasfigurazione di un impegno onirico che non conosce sonnambulismi, ma chiari risvegli, ci giochiamo il nostro distinguo ma anche il nostro futuro. In un mondo competitivo, e forse su questo anche l’Italia dovrebbe riflettere per non imitare il nostro essere drammaturghi senza morale, non ci sono sconti per chi la fa più grossa. La credibilità, è vero, è pur essa merce rara: se non ce l’hanno alcuni Stati perché dovrebbe toccare a una Regione a porsi come esempio? Tuttavia è la capacità di buon senso e il limite del possibile e del ragionevole che andrebbe posto come virtù, perché più comprensibile a chi soffre di abbandono. A coloro che credono e poi si disamorano della politica quanto delle persone che dicono di rappresentarla nell’interesse di una comunità. In questo delirio di onnipotenza che contagia funzionari rampanti e amministratori locali, questi ultimi ormai borgomastri di se stessi, ognuno gioca le carte che può per affermare un senso di vanità e di azzardo politico, pur andando oltre un limite che non possono non conoscere. Ma è proprio il superamento del limite che alla fine rovinerà il sistema e, tempi brevi o lunghi, sarà il collasso a portare alla luce quelle verità e le intenzioni che hanno contraddistinto pensieri e opere dei nostri tempi.

Autore: 
Giuseppe Romeo
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