Francia e Italia: due paesi a confronto

Dom, 15/09/2013 - 12:02
La Francia, come l’Italia e altri paesi dell’Unione, ha problemi di crescita.

Proprio ieri, venerdì 13 settembre, sul prestigioso quotidiano francese “Le Monde”, nel supplemento “Eco & Entreprise”, è apparsa l’importante iniziativa per la crescita lanciata dal presidente Francois Hollande e da mr. Arnaud Montebourg, ministro per il risanamento produttivo. Lo Stato francese ha rilanciato 34 grandi progetti industriali per la reindustrializzazione della Francia.

Questi progetti sono finanziati grazie ad un grande prestito, per il quale sono associati lo stato e le imprese. Il governo spera di creare e/o di salvaguardare 475 mila posti di lavoro da qui a 10 anni.

Il ministro Arnaud Montebourg, intervistato da “Le Monde”, ha illustrato questo grande piano finalizzato a risvegliare l’industria francese per “salvare il modello sociale”, assicurando la prosperità della Francia attraverso il finanziamento del suo modello sociale, delle spese militari e la sua presenza diplomatica e culturale nel mondo.

Questi progetti di reindustrializzazione si sono resi indispensabili, perché, mentre l’industria in Germania costituisce il 23% della ricchezza, in Italia il 17%, in Spagna il 15%, in Gran Bretagna il 12%, in Francia soltanto l’11%.

Per cui, secondo il ministro Montebourg, la base produttiva francese è troppo piccola per assicurare la prosperità della Francia.

Questi 34 progetti beneficeranno di 3,7 mld di euro di aiuti pubblici: non si tratta di un regalo alle imprese, ma a tutti i francesi. E soprattutto un investimento dei contribuenti francesi per il “Made in France” e per l’occupazione. Non si tratta di contributi a fondo perduto, ma di anticipi rimborsabili o di partecipazioni. Questo denaro è semplicemente una leva per investire.

Orbene, ci troviamo di fronte ad un grande investimento pubblico, con i soldi dei contribuenti e delle imprese destinate a reindustrializzare per produrre ricchezza e quindi per incidere sulla crescita della Francia, che non beneficia dall’Unione Europea dei fondi strutturali europei destinati invece all’Italia. In effetti, alla Francia sono destinati fondi strutturali solo per i suoi territori d’oltremare.

 

L’Italia, a differenza della Francia che si accinge a porre mano alla realizzazione di ben 34 progetti per il risanamento ed il rilancio della sua industria, nonostante i copiosi fondi strutturali dell’U.E. di settennio in settennio, non è riuscita ancora ad imboccare la strada della crescita. Il nostro Paese non riesce a spendere i fondi europei per diversi motivi: il primo è costituito dal fatto che gli addetti ai lavori nelle cinque regioni della coesione mancano di progettualità; il secondo motivo è rappresentato dal fatto che le suddette regioni sono ad usi, come giustamente sostiene il commissario per le politiche regionali , Joannes Hahn, a privilegiare interventi a pioggia, polverizzando così i fondi europei in mille rivoli, che per lo più privilegiano le clientele elettorali dei gestori dei fondi (governatori e assessori regionali), al punto che nel periodo 2007-2013 sono stati presentati 75 mila progetti di importo inferiore a 150 mila euro. Basti pensare che nel citato periodo non sono stati spesi ben 29 miliardi e 428 milioni.

Ora, tutte le attese sono puntate verso il governo del premier Enrico Letta, che ha investito della responsabilità dei fondi strutturali il ministro per la coesione territoriale, prof. Carlo Trigilia.

Il ministro Trigilia non ha deluso le attese di quanti: amministratori, imprenditori ed esperti, hanno a cuore il pieno impiego dei fondi strutturali che per il periodo 2014-2020 ammonteranno a circa 115 miliardi (30 mld già iscritti nel bilancio UE, 30 mld di cofinanziamento nazionale; 40 mld del fondo di coesione e sviluppo; 10-15 mld provenienti dalla legge di stabilità), promuovendo l’istituzione della “Agenzia per la coesione territoriale”, varata dal Governo il 26 agosto scorso, che entrerà in vigore il 1° marzo 2014 con la definizione dello statuto per il suo funzionamento.

L’auspicio è che questo importante risultato non sia travolto da un’eventuale crisi del governo del premier Enrico Letta, e comunque necessita la massima vigilanza perché non siano stravolti i punti fondanti del decreto governativo.

A questo fine, appare importante l’iniziativa di alcuni, consulenti al più alto livello, che si sono attivati per costituire un “comitato tecnico-economico” che dovrebbe essere di supporto alla costituenda agenzia.

 

Roma-Bruxelles, 14 settembre 2013

 

 

Autore: 
Fiorenzo Grollino
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