Gli episodi di cessione illecita di sostanza stupefacente

Dom, 04/03/2018 - 18:20
Giudiziaria

Per quanto riguarda l'ipotesi di reato enunciata dall'art. 73 D.P.R. 309/90, la Corte di Cassazione afferma, in relazione alla configurabilità della fattispecie in esame e costituenti criteri di riferimento per la valutazione degli indizi riferibili ai singoli episodi: «In tema di commercio di sostanze stupefacenti, nel caso venga raggiunto un accordo per la cessione di un determinato quantitativo di droga, ma manchi del tutto la prova dell'avvenuta consegna di questa, non si configura a carico del venditore il reato di tentata cessione bensì il reato consumato di offerta in vendita della sostanza espressamente disciplinato dall'art. 73 DPR 309/90. (Cass. 22.5.2001, n. 32299; cfr. anche Casso 2.4.2003, n. 22391)».
Nell'affermare tale principio la Corte ha ricordato che altre fattispecie criminose, come quelle previste dagli art. 474, 516, 517 c.p., configurano come reato la sola condotta di messa in commercio di un prodotto, rappresentando essa un attentato al bene oggetto di tutela e che l'ipotesi di "offerta in vendita" viene equiparata - dal citato art. 73 - alla vendita vera e propria in quanto il legislatore ha inteso reprimere il pericolo di traffico di stupefacenti e prevenire le conseguenze dannose dello spaccio.
Con la decisione 10.3.2005, n. 44621, la Corte ha sancito, poi, che «Qualora tra acquirente e venditore della sostanza stupefacente non si raggiunga l'accordo sulla quantità e qualità della sostanza e sul prezzo da pagare, a carico del venditore è ravvisabile il reato consumato di messa in vendita di sostanza stupefacente, e non invece quello di tentata vendita. Quest'ultima figura, infatti, non è concettualmente configurabile, avendo il legislatore, nell'articolo 73 d.PR. 9 ottobre 1990 n. 309, anticipato, quanto alla vendita ed alla cessione di sostanza stupefacente, la soglia di punibilità con la previsione delle condotte di messa in vendita e di offerta, che, sicuramente antecedenti alla vendita ed alla cessione, si connotano, diversamente dalla vendita e dalla cessione, per la non avvenuta "dazione" della droga».
Ed ancora, «In tema di spaccio di stupefacenti, l'attività di intermediazione, benché espressamente non si inquadri in una delle condotte previste dall'art. 73 DPR 309/90, pure è da considerare attività concorrente di una di tali condotte e, qualora la vendita non si perfezioni, poiché non si è posto in essere un tentativo ma si è consumato il reato di offerta in vendita, che è reato autonomo, a detto reato partecipa /'intermediario a titolo di concorso", Casso 28.10.1998); "Per le ipotesi di importazione, acquisto e detenzione di sostanze stupefacenti, la valutazione prognostica della destinazione della sostanza, ogni qual volta la condotta non appaia correlabile al consumo in termini di immediatezza, deve essere effettuata dal giudice tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, con apprezzamento di merito sindacabile in sede di legittimità solo in rapporto ai vizi di cui alla lett.e) dell'art.606 c.p.p.».(Nell'affermare tale principio la Corte ha altresì precisato che indici sintomatici della finalità di spaccio -da apprezzarsi parimenti sia nella detenzione individuale che in quella di gruppo- possono essere rappresentati dalla quantità, qualità e composizione della sostanza, anche in relazione alle condizioni di reddito del detentore e del suo nucleo familiare, nonché dalla disponibilità da pare dell'agente di attrezzature per la pesatura o di mezzi per il confezionamento delle dosi), Casso Sez. Un. 28.5.1997, n. 4.
Appare utile evidenziare anche come per la decisione n. 37177 dell'8.7.2008 (Rv. 241205), in materia di stupefacenti, tra le condotte illecite descritte nella norma incriminatrice di cui all'art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, rientra anche quella di "intermediazione", che è ricompresa nella condotta del "procurare ad altri", con la quale si intende punire l'attività illecita di chi agisce al fine di provocare l'acquisto, la vendita o la cessione di droga da parte di terzi. E, infatti, già con sentenza n. 4528 del 28.10.1998 (Rv. 213137), i giudici di legittimità hanno chiarito che, in tema di spaccio di stupefacente, l'attività di intermediazione, benché espressamente non si inquadri in una delle condotte previste dall'art. 73 d.p.r. 309/90, pure è da considerare attività concorrente di una di tali condotte e, qualora la vendita non si perfezioni, poiché non si è posto in essere un tentativo ma si è consumato il reato di offerta in vendita, che è reato autonomo, a detto reato partecipa l'intermediario a titolo di concorso.

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