Grotte e spelonche della Locride

Dom, 12/07/2020 - 17:00

Si potrebbe pensare che il nostro non sia un territorio particolarmente interessante a livello speleologico, eppure stupirà la quantità di grotte e spelonche della Locride. Certo non troveremo sistemi di cunicoli sotterranei che possano competere con Castellana, Pertosa o il Bifurto, ma abbiamo un campionario di tutto rispetto. Cominciamo da Stilo. Qui le grotte sono numerose, seppur poco profonde, e alcune hanno alimentato leggende come quella che la grotta esposta verso Bivongi e non raggiungibile senza attrezzature fosse una prigione in cui venivano calati i condannati e lasciati al proprio destino. Nel territorio di Placanica, sul costone di Cioni, che s’affaccia nelle gole Mazzuccheri, dove scorre il Precariti, vi sono diversi antri, ma due sono degni di nota: la grotta delle Fate e quella dei Colombi. Di fronte è situato monte Gallo, 780 metri, frutto di depositi plio-pleistocenici e graniti, in cui troviamo diverse spelonche, tra le quali quella che più ha alimentato l’immaginazione è la grotta dei Re, dove alcuni hanno ipotizzato che vi siano state custodite 110 teche funerarie a giara dei Re pelasgici del Mare di Siria e del Nilo del IV millennio a.C. Anche il nome di Grotteria richiama alla presenza di grotte e potrebbe essere un derivato dal greco krupterìa (“luogo nascosto, nascondiglio”). Nel territorio di Mammola, in località Cardito, si trovano alcune spelonche naturali sul fianco del costone del fosso Carditto, e in contrada Chiusa una grotta, detta Nascosta perché di difficile individuazione. Ma le grotte più interessanti dal punto di vista speleologico le troviamo su monte Mutolo a Canolo, dell’eremita e del marmo, e monte Giunchi, l’antro di Zagaria. Sempre a Canolo, in contrada Chiusa, vi è la grotta del Cavatore, in cui si andava a raschiare il salnitro, e in contrada Kau vi sono due grotte, un pozzo profondo circa 20 metri, che finisce in una sala spaziosa e un’altra cavità, frequentata nel neolitico, in cui sono state ritrovate diverse asce in pietra e che si sviluppava per decine di metri oggi impraticabili. Ad Agnana, sul monte Guardia, esiste una cavità carsica in cui i pastori raccontano di aver perso molte capre e una grotta ricovero prodotta dagli agenti atmosferici nella parete di arenaria molto colorata. Nel territorio di Gerace vi sono molte cavità che sono state frequentate in antico, su monte Antichi, ad esempio, vi sono alcune grotte naturali sullo scosceso del vallone Prejoti, che servirono da ricoveri per i bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale. In contrada Rocca una serie di grotte, di cui una molto grande, che in tempi moderni fu adattata a deposito e fornita di porta ma al cui interno non ha subito alcuna modifica. Sempre in contrada Rocca, vicino alla provinciale 1, ve ne sono due, delle quali una modificata per ricavarne una “carcara”. Sempre a Gerace, su monte Campanaro, molte cavità naturali sono state sfruttate come ricoveri e alcune, rimaste senza volta per effetto di crolli, danno l’idea delle frequentazioni antropiche. Sulla sommità di contrada Cavuria si trova un’altra grotta, in cui è stato ritrovato un elmo italico del III sec a.C., in posizione strategica per il controllo di tutta la vallata della fiumara Gerace. Ma il complesso di grotte più interessante si trova in contrada Parrere, perché costituì un villaggio trogloditico e, sulla sommità del costone, si trova la necropoli prellenica di Stefanelli, con diverse decine di tombe a camera. La città stessa di Gerace fu costruita su un sistema di grotte naturali e, in molti casi, esse costituiscono le cantine delle abitazioni. Poco sopra la chiesa del Carmine, sulla via Santa Lucia, vi è un antro il cui ingresso è ostruito con pietre da cui si dipartiva un cunicolo che attraversava l’intera città, il cui ripristino sarebbe molto interessante. All’ingresso del borgo si notano della cavità, oggi fornite di discutibili e multiformi chiusure, che erano le “favisse”, in cui lavoravano gli argagnari, gli artigiani dell’argilla. Ad Antonimina, ai piedi di Rocca della Scala, vi è un ricovero prodottosi per il collasso dei graniti soprastanti e utilizzato dai pastori del luogo. Nel territorio di Ciminà, nel fianco di Monte Pinticudi, che affaccia a sud-est, vi è una spelonca detta Grotta di Nino Martino, brigante seicentesco, in posizione molto panoramica e di difficile accesso sulla vallata del torrente Cosazegro. Nel territorio di Locri, nelle località Canturato, Ianchina e Patarriti vi sono numerose grotte naturali poco profonde, ma adatte a ricovero e probabilmente abitate in antico. Sul costone di Canale, in comune di Portigliola, molte cavità naturali adattate a necropoli. Anche in territorio di Sant’Ilario sono tante le spelonche ancora utilizzate come ricovero per gli animali e l’abitato di Condojanni è costruito davanti a un sistema di grotte naturali che fungono da cantine-deposito e che sono visibili solo dall’interno delle abitazioni. Sull’altura che sovrasta Condojanni, Serra Praia di Mezzo, vi sono alcune grotte preistoriche adattate a porcili. Ardore è ricca di grotte naturali che furono adattate nel tempo ad abitazioni, stalle, magazzini. Sul vallone Trecarlini vi è un interessante complesso di grotte naturali che potrebbero avere costituito un insediamento sia civile sia monastico. Poco distante nella stretta del vallone Pintammati, un altro complesso di grotte, oggi abbandonate, che sono state utilizzate come ricoveri e stalle. Grotte del salnitro anche ad Ardore Superiore; spelonche se ne trovano anche nel territorio di Benestare e Careri, sempre utilizzate come ricoveri per animali. Nel territorio di San Luca è giusto citare l’antro della Sibilla, sul costone di Serro Juncàri, che costringe i portatori della statua della Madonna a una veloce giravolta per non farle mai girare le spalle alla Sibilla, pronta a colpirla. Citiamo la grotta di Litri, nel territorio di Samo, che si è prodotta per ammasso di rocce granitiche e anche questa detta di Nino Martino.

Autore: 
Arturo Rocca
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