Il delicato filo rosso che si tesse a Riace e si diffonde in Calabria

Dom, 03/04/2016 - 11:56

Non mi metterò a scrivere un articolo agiografico su Mimmo Lucano perché “Fortune” lo ha inserito tra i 40 leader più famosi del mondo. Me ne vergognerei se dovessi farlo. Conosco la mia Regione, la sua storia i suoi problemi, le sue energie e so che Riace non è in Etiopia. Mi sorprende che tanta parte della classe dominante in Calabria abbia avuto bisogno della graduatoria compilata da “Fortune” per capire la potenza del messaggio che promana da Riace.
Da sindaco di Caulonia dal 2007 al 2012 ho lavorato insieme a Mimmo Lucano scommettendo sui valori dell’accoglienza e della solidarietà. Da presidente del comitato dei sindaci della Locride ho contribuito a far dichiarare i nostri paesi “terre di accoglienza”. Ci sono stati momenti belli ed entusiasmanti e altri difficili e amari sino allo sfinimento. Mimmo Lucano è stato tenace e determinato e ha più che meritato il giusto riconoscimento tributato da “Fortune”. Nessuno come Lui ha pagato, anche di persona, il peso di una scelta difficile. Mimmo ha tanti meriti ma ne cito solo uno: nella Riace di Mimmo Lucano ogni persona viene considerata nei fatti come “sacra e inviolabile”. In un mondo che sembra voler dimenticare le tragedie dell’ultima guerra, il sindaco di Riace si rifiuta di far sua la massima di Hobbes: “Homo homini lupus”, considerando gli “scarti” della terra - come fratelli con cui costruire una società più giusta...
Infine, apprezzo il fatto che Mimmo Lucano, pur essendo contro tutte le mafie, è anche uno dei nostri pochi “politici” che non ha avuto bisogno di riempire l’immenso vuoto di idee e di ideali con il teatrino dell’antimafia .
Riace accoglie perché ha maturato la grande consapevolezza che non ci sarà né pace, né ordine nel mondo senza giustizia e senza rispetto per la dignità di tutti gli uomini. Tutti coloro che arrivano a Riace sono considerate “vittime” di un una guerra che i potenti del mondo hanno mosso ai più poveri della terra.
Ho parlato mille volte della bella esperienza dell’accoglienza ma in questa circostanza, tenterò di contestualizzare il messaggio di questo Paese della Locride nel fronte di un movimento di “Resistenza” che cova sotto la cenere.
Il riconoscimento di “Fortune” è importante e acquista valore nel momento in cui diventa patrimonio e riconoscimento non a una singola persona ma all’intero popolo calabrese.
Anzi alla difficile “Resistenza” che il popolo calabrese sta opponendo, in forme diverse alla “normalizzazione” e alla sottomissione a un “ordine” inumano e ingiusto che si va imponendo, in forme diverse, in Calabria, sul Mediterraneo e nel mondo.
Noi siamo il “Sud” del mondo e in questo “Sud” c’è Riace e c’è Platì, due facce della stessa medaglia. Paesi che sento entrambi miei sino al midollo. Metafore di un mondo ingiusto che sviluppa le contraddizioni che stanno alla base del difficile momento storico che attraversa la Calabria. Sento mia l’esperienza di Riace così come rivendico il fatto che, subito dopo l’ operazione “Marine” che ha ferito la Calabria intera, sono stato il primo a scrivere su un giornale “io sono orgogliosamente plateoto”. (Mi fermo, ma non senza manifestare la mia mortificazione per come si va svolgendo - almeno sinora - la campagna elettorale di Platì. Ritengo che quel Paese avrebbe meritato, dopo anni di matura protesta, ben altra campagna elettorale condotta su un terreno di rivolta e di contestazione a un sistema che da una parte genera la mafia e dall’altra finge di combatterla. Platì, “caso nazionale”, non può scadere in una mera lotta di potere, altrimenti perde ogni significato).
Sono sicuro che si possa comprendere il messaggio di Riace solo comprendendo il dramma di Platì! Due postazioni diverse che dovrebbero generare un unico fronte di Resistenza.
Non ci sarebbe stato alcun bisogno di Riace se coloro che tengono in mano i destini dell’Occidente non avessero sfruttato, affamato e bombardato i popoli deboli.
Non ci sarebbe stata la ‘ndrangheta a Platì, se non ci fossero state alle nostre spalle, oltre un secolo di politiche antimeridionali, se non ci fosse stata la distruzione della civiltà contadina e il tradimento della Costituzione da parte dei governi e dei gruppi dirigenti che si sono susseguiti in questo dopoguerra.
Quando gli uomini degradano allo stato di lupi feroci, quando la ricchezza diventa “cifra” del mondo,  quando gli Stati diventano tirannici, quando si calpesta la dignità umana, quando tanti giovani diventano alienati e frustrati, perché sorprendersi della presenza dei terroristi o dei mafiosi?
Mimmo Lucano tende a coprire questa immensa voragine con la buona Politica ma non è cosa facile come dimostra il cordone “sanitario” che i politicanti di bassa lega che spopolano in Calabria e in Italia hanno steso intorno al sindaco di Riace. Non c’è politica senza un “progetto”, senza ideali, senza idee, senza la necessaria capacità di una visione globale.
Concludo:
Non c’è “buonismo” in quanto abbiamo detto.
La bontà è una bella cosa ma appartiene alla singola persona. A Riace e nei punti strategici della Locride invece si tesse un delicato filo rosso che deve collegare i paesi dell’accoglienza a Idomeni, a Platì; la Calabria e il Sud Italia ai Paesi del Mediterraneo a Molenbeek, alle banlieue di Parigi.
Gli sfruttati del mondo che conquistano più punti strategici per sviluppare una nuova “Resistenza” che in Italia diventa lotta per il rispetto sostanziale della Costituzione.
Questo è il solo modo che conosco per rendere il giusto onore a Mimmo Lucano, militante coerente, che mantiene salda la sua postazione.
L’alternativa a questa scelta di campo è la guerra, sono le lotte religiose, la repressione cieca e ottusa, il razzismo, l’infelicità per miliardi di uomini, il degrado della Calabria, la devastazione delle nostre terre. Altri bambini morti, altre stragi inutili, altre vittime innocenti, altre galere, altre faide, altre retate, altri omicidi.
Siamo folli a sognare un mondo di pace? Siamo folli a credere al riscatto del popolo calabrese di tutti gli sfruttati della terra?
È un folle Mimmo Lucano a coltivare la sua “Utopia”? Sarà la storia a dare una risposta!

Autore: 
Ilario Ammendolia
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