L’ambasciatore Antonio Morabito e i cinesi

Mer, 12/02/2020 - 18:30

Nel clima avvelenato di voglia di giustizialismo, abbiamo assistito, nei mesi scorsi, ad un attacco mediatico contro l'ambasciatore Antonio Morabito, un diplomatico, che, a seguirlo nei suoi impegni nel corso degli anni, ha sempre goduto di grande stima e considerazione negli ambienti diplomatici, ecclesiastici, culturali e accademici, militari e istituzionali, politici e del mondo dei media. Apprezzato come scrittore e uomo di grande equilibrio.
Trent'anni di onorata carriera con incarichi in cui ha sempre dimostrato una scrupolosa attenzione al rispetto degli interessi pubblici, e un altissimo senso dello Stato, testimoniato sistematicamente dai suoi superiori gerarchici, da chi lo conosce bene, e da una abbondante rassegna stampa.
Nel suo curriculum, si legge tra le varie iniziative realizzate, quello di aver promosso e realizzato a Monaco il "Primo Forum internazionale del made in Italy", tanto che la rivista Style del Corsera gli dedicava, nel 2014, una pagina come "Ambasciatore del made in Italy" . Tra i tanti risultati frutto delle sue doti diplomatiche: l'avvio di negoziati per l’accordo giudiziario Italia e Principato di Monaco, ormai operativo e che ha sbloccato di fatto l’ostruzionismo alle azioni delle Procure italiane in territorio monegasco e la finalizzazione e firma , il 2 marzo 2015, l’Accordo sulla trasparenza e la cooperazione bancaria tra Italia e Monaco.
Paradossalmente, dopo il suo rientro a Roma egli viene invece, indicato nel testo del provvedimento di avviso di conclusioni delle indagini preliminari della Procura romana, come " un corrotto". Il suo nome viene abbinato artatamente alle ingenti somme che la Cina intente investire in Italia, cifre da capogiro - sei miliardi di dollari, senza specificarne natura e provenienza. Affermazioni azzardate che non possono che provocare reazioni di sbigottimento e di sconcerto se collegate a un funzionario diplomatico lontano anni luce da quelle realtà, che al Ministero si occupa di comunicazione, cultura e promozione del turismo in raccordo coi superiori gerarchici. Nella realtà si tratta di dossier e fondi che toccano ben altri "tavoli" quali i ministeri economici, le grandi multinazionali e i grandi affari nei settori industriali, da Fca, a Telecom Italia, passando per Enel, Generali e Terna, dalla Pirelli al calcio alle quote in gruppi strategici, i cui la Cina è dall'inizio del 2014 sempre più presente nell'industria italiana. Dossier di cui si occupano Primi Ministri, Ministri dell'economia, del commercio dello sviluppo e degli Esteri ai livelli decisionali più alti.
Insinuare che un diplomatico onesto e serio possa "giocare" in tali contesti, rappresenta una forzatura spropositata. Ma poco importa. Intanto viene fatto un abbinamento assurdo sulla base di millanterie di qualcuno. Nella realtà, la verità delle cose è tutt'altra e soprattutto ai sospetti e "abbagli" non corrispondono i fatti. In tale contesto aberrante, viene presentato un elenco di aziende importanti e di realtà in cui un Ambasciatore diventa sospettato di voler vendere ai "cinesi", senza che questi siano tuttavia identificati.
Insomma, fatti e responsabilità tutti da accertare, scavalcati da uno spasmodico attacco mediatico, che ne ha sancito un giudizio sommario, a dispetto di qualsiasi presunzione d'innocenza, scalfendone dignità e reputazione, senza che sia ancora iniziata alcuna attività difensiva.
A leggere le accuse egli avrebbe utilizzato "segreti di ufficio" che riguarderebbero autostrade, centrali Enel dismesse, aziende italiane fino a Fincantieri, Ferrari e Versace. La verità è nota a tutti ed è facile da verificare, ma intanto del diplomatico scrittore che si è occupato sempre di fare e il suo dovere si dà l'immagine di un "super faccendiere", che non corrisponde a quel diplomatico corretto e moderato che tutti conoscono. Tutte illiceità ipotizzate, ma tutte da dimostrare.
Gli avvocati difensori Antonella Sotira e Giuseppe Belcastro, "dopo lunga ed attenta valutazione delle attività di indagine nel ribadire l'assoluta incensuratezza del loro assistito (...), si dicono fiduciosi di poter dimostrare, con il supporto delle testimonianze e della documentazione che l’Ambasciatore stesso ha certosinamente collazionato, l'estraneità del proprio assistito ai fatti contestati".
Tra gli enumerati sospetti di corruttela si legge anche il tentativo del diplomatico di portare i cinesi in Calabria, ad investire nelle ferrovie, a comprarsi la Reggina Calcio, e a venire per visitare i poco frequentati siti turistici ed archeologici calabresi.
Data la rilevanza della materia che può rivestire per la realtà calabrese, ci è sembrato doveroso fare noi, sul terreno, una scrupolosa indagine giornalistica per capire davvero cosa sia successo e se i cinesi stessero davvero per arrivare in Calabria. Con quali conseguenze…. Ma anche con il rischio di far finalmente correre velocemente i nostri treni lumaca o di costruire ospedali in dieci giorni e non in trent'anni.
Dopo i primi contatti ed escluso che si trattasse delle ferrovie di trenitalia, ci siamo concentrati sui trenini abbandonati taurensi. Ci ha aiutato l'annuncio sulla stampa locale, dello scorso dicembre, che il "Mibact ha riconosciuto il valore culturale delle ferrovie taurensi" , in disuso dal 2011. Collegavano Gioia Tauro a Cinquefrondi e a Palmi Sinopoli, "un vero esempio di ingegneria architettonica per il valore paesaggistico" snodandosi tra ponticelli, viottoli, e gallerie aspromontane, e per le loro locomotive tradizionali oggi in abbandono. La nostra curiosità aumenta, nel cercare di capire quali interessi di corruttela avessero potuto muovere il nostro stimato ambasciatore verso questo cimelio della Calabria antica. Arriviamo così al vice Presidente della onlus, senza scopi di lucro, ITALIA NOSTRA a Reggio Calabria, Antonino Piazza, oggi ottantenne, impegnato da sempre nel mondo dell'associazionismo cattolico, che inizialmente sorpreso, decide di darci la sua testimonianza.

Autore: 
Ilario Ammendolia
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