L’amore ai tempi del Coronavirus – Parte decima

Gio, 21/05/2020 - 20:00

Pan era un cagnolino protettivo ma allo stesso tempo molto dolce, e Gelsomino ci mise poco ad affezionarsene. In effetti amava tutti quanti i suoi animaletti: quelli da latte e da carne, a cui badava in montagna. Pensava al loro benessere e a far loro trascorrere una vita di qualità, nonostante alcuni fossero destinati al macello. Assisteva alla loro morte e si assicurava che non soffrissero neanche un istante. Li accarezzava accompagnandoli, li ringraziava del sacrificio che stavano per compiere. Non sprecava neanche un pezzo di quella carne nata e cresciuta sotto i suoi occhi. Adesso che si trovava a dover andare a prendere il suo fido Pan, ripensava alle sue faccende lasciate in sospeso a causa di una donna che non capiva e di un virus maledetto, che nessuno conosceva davvero, in quella terra, perché nella realtà dei fatti si era sviluppato altrove, ma nessuno ci faceva caso ormai, tant’era la paura che ogni giorno i telegiornali spargevano; e poi c’erano le guardie che osservavano tutti giorno e notte dandosi il cambio. Passando per le vie del paese vedeva la gente con le protezioni alle mani, in faccia, sedute ai tavoli di un bar a sorseggiare bevande impossibili da consumare in poco tempo a causa della mascherina che andava alzata e abbassata ogni volta. Distanti due sedie l’uno dall’altro, i clienti alzavano il loro tono di voce, provocando un gran baccano per via dell’impossibilità di potersi avvicinare e sfiorare, pena: una multa salatissima. Fosse stata una decisione volontaria, il distanziamento sociale non avrebbe avuto un grande impatto, su di lui. Ma essendo obbligatoria, questa norma non riusciva a mandarla giù. Tutti questi accadimenti inquietavano Gelsomino, e cresceva il suo mal di testa al punto da volersi aprire in due il cranio per darci un taglio. Passo dopo passo, pensiero dopo pensiero, non si rese conto di essere arrivato quasi di fronte l’uscio del covo dei briganti, e sussultò. Non sapendo cosa fare cercò intorno un riparo momentaneo, e si rivelò di aiuto un baretto lì vicino. “Ho bisogno di un caffè, subito!” Si disse Gelsomino. E corse a sedersi ai tavolini aspettando di poter ordinare. Giunse in fretta una ragazza che prese l’ordine e scomparve dai suoi occhi. Si voltò verso la casa e gli parve di intravedere la sagoma della sua bella Olivina, e raggelò, perché lei gli provocava emozioni insolite. Si alzò e fece due balzi in avanti allungando il collo, ma si accorse che quella non era lei. Tornò indietro al tavolo per aspettare il caffè, fece per sedersi ma rovinò per terra di fondoschiena, e si fece pure male. «Che minchia succede qui!?» Gridò, temendo di essere davvero impazzito. Tavoli e sedie erano magicamente spariti. «L’ordinanza è stata ritirata in questo momento, mi spiace: solo da asporto.» Disse la ragazza, porgendogli un caffè in plastica. Gelsomino rimase per terra, incredulo, eclamando: «Foragabbu!»

Autore: 
Brigantessa Serena Iannopollo
Rubrica: 

Notizie correlate