Le vacanze di Natale e la maledizione dei compiti a casa

Lun, 21/12/2015 - 19:43
Perché un carico così eccessivo di lavoro ai nostri ragazzi quando nessuno accetta di essere infastidito da ansie e impicci lavorativi durante le ferie?

Arriva il Natale, arrivano le vacanze tanto attese dagli alunni di ogni scuola. Due settimane di pausa dallo stress quotidiano delle levatacce mattutine, degli orari da rispettare, dalle gerarchie imposte. Due settimane in cui sei libero, se ti scappa la pipì, di andare a farla, così, semplicemente, senza doverti giustificare con nessuno.
Due settimane in cui se ti muovi in gruppo non c’è nessuno che ti costringe a metterti in fila indiana. Ci sono soltanto due posti dove si usa questa pratica, la scuola e la galera. La cosa potrebbe essere spunto di riflessione.
Comunque ora arriva Natale, due settimane senza brutti pensieri, se non fosse per quella maledizione dei compiti delle vacanze.
La cosa divertente è che il Ministero dell’Istruzione con Circolare Ministeriale n.177-prot n.4600 del 14/5 del lontanissimo 1969, rifacendosi alla precedente circolare n.62 del 20/2 dell’ancora più lontano 1964, richiamava “l’attenzione dei Capi d’istituto e degli insegnanti sulla necessità di non sottoporre gli alunni ad un carico eccessivo di lavoro per compiti scolastici da svolgere a casa”.
La vita domestica è momento formativo ed educativo, afferma la circolare, citando l’importanza delle pratiche familiari di organizzare attività nel fine settimana.
Considerato tutto ciò, il “Ministero è venuto alla determinazione di disporre che agli alunni delle scuole elementari e secondarie di ogni grado e tipo non vengano assegnati compiti scolastici da svolgere o preparare a casa per il giorno successivo a quello festivo, di guisa che nel predetto giorno non abbiano luogo interrogazioni”.
Invece a ridosso delle vacanze molti professori ne fanno un punto d’onore della quantità di lavoro che assegnano. Eppure nessun lavoratore accetta di vedersi commissionare del lavoro da svolgere durante le ferie.
Si obietterà che l’allenamento costante sia necessario a padroneggiare la disciplina e a non dimenticare quanto appreso. Poi capita il caso in cui, per sedare un momento di euforia fuori controllo in classe, l’insegnante assegni per punizione il doppio dei compiti. Che corto circuito pedagogico si crea nella mente del ragazzo che si vede assegnato tanto lavoro per punizione o peggio per rappresaglia?
Però i compiti servono anche a stimolare l’alunno al lavoro autonomo, all’iniziativa personale. Esempio tipico: la ricerca. Quella che un tempo ti impegnava a sfogliare le enciclopedie e a ricopiare o fare il riassunto sul quaderno. Poi vennero i computer.
Il fatto è che oggi l’era dei computer è finita, non sono più un prodotto di massa, dopo l’avvento di smartphone e tablet. I professori però non lo sanno e commissionano ricerche da fare ai computer. Ma i ragazzini di elementari e medie non usano questi aggeggi, col risultato che il genitore o il cugino digita sul browser la parola chiave e stampa la prima pagina risultante. Che nessuno leggerà. Ma chi lo spiega ai professori che i ragazzini di oggi non sanno cosa sia un editor di testo?
È partito in Italia il movimento “Basta Compiti”, promosso da psicologi, educatori, insegnanti, associazioni di genitori. Perché la vita là fuori ha tanto da insegnare e un bambino di 10 anni dovrebbe usare più il corpo che il cervello per crescere sano e dovrebbe correre e saltare per non ritrovarsi con la schiena rovinata anzitempo. E il pomeriggio potrebbe aiutare il papà o fare uno sport oppure coltivare una passione piuttosto che stare ore seduto a litigare con la mamma per la noia e odiare tutto: la scuola, gli insegnanti, penna, calamaio e tutte quelle stramaledette scartoffie.

Autore: 
Daniele Mangiola
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