L'elefante e la farfalla

Lun, 22/07/2013 - 10:47

Vien fuori dal buio, bianco, come un angelo. Passo leggero e divertito da ragazzino impertinente. Almeno 170 cm al giro ventre. Procede in punta di piedi fino ai tamburi e ne sceglie uno, poi si eleva, leggiadro come una farfalla. Ogni dito accarezza in modo diverso la pelle dello strumento e ne tira fuori mille suoni. Il viso bruno spicca da tutto quel biancore di vesti e capelli. La voce terrea e profonda, arcana del suo dialetto ti fa tornare un bimbo che non vuol più saperne del mondo, della tecnica, del futuro e altre minchiate. Canta e racconta e tu non vuoi più uscire dal sogno, Alfio Antico.
Dopo vien fuori lei, nera e casual, maglia e jeans, giovane e forte, femmina e tranquilla del suo potere. Voce potente, tecnica eccelsa. Non una voce, mille voci. Tutte in una volta. Tutte nei primi venti secondi. Strida, grugniti, schiocchi, mentre Alfio racconta e ammalia col respiro della terra. Perché? Scompare poi, per un lungo tempo. Riappare due volte, due canti. Uno bello della sua madre lingua greca, ritmo dispari ipnotico, l'altro imposto dalla produzione, per dare un senso alla sua presenza, canto di Sicilia che lei conosce appena, che legge dallo spartito, aggrappata all'asta del microfono per darsi un contegno. Poi ancora urla e schiocchi, stridi alla fine del concerto. Sempre ferma, incollata al pavimento, pesante come un elefante, Marina Mulopulos.
Alfio, voce della terra, la tecnica è un pretesto; Marina, voce della tecnica, la terra, la Grecia, è un pretesto.
Nella perfetta notte del 16 luglio la Banda Borbonica apre la serie di appuntamenti locresi del Magna Grecia Teatro Festival. Guidata con maestria da Patrizio Trampetti, storica voce della NCCP (si vede che con Alfio c'è intesa), propone un viaggio nel meridione che ci siamo persi, causa unità d'Italia. Arrangiamenti di classe e puliti, forse poco provati anche a causa di qualche sostituzione in corsa, probabilmente il batterista. Hanno offerto un concerto di buona qualità, reso magico dalla presenza extra di Alfio Antico. Bel momento di improvvisazione con Massimo Cusato invitato sul palco, anche se il sogno di vederli, Massimo e Alfio, a duellare da soli per mezz'ora non si è avverato.
Diciamoci le cose come stanno: in festival di questo spessore l'arte è merce, costruita a tavolino. Prima ti scelgono, poi ti pagano, poi valutano la qualità della tua proposta artistica. Con i soldi che girano nessuno si sogna di darli al progetto più originale. Tramite mediatori e faccendieri si prezzolano artisti, come puttane, li si chiude in sala prove e gli si comanda di partorire qualcosa in fretta. Non è che è morta, l'arte: si è suicidata per l'imbarazzo.
Così si mettono insieme la Banda Borbonica, Alfio Antico, Marina Mulopulos e Salvatore Esposito. Ah già, l'attore. Tra l'elefante e la farfalla ci sta pure un fantasma, che entra in scena all'inizio urlando incazzato nero con Cristo che è andato fino ad Eboli, e un paio di altre volte. Ma tanto già all'uscita non si ricordava più nessuno di lui.

Autore: 
Daniele Mangiola
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