10 Aprile 1991, ore 21,40. Un traghetto bianco, leggero di bagagli, salpò il tirreno per il suo ultimo viaggio. A bordo del Moby Prince molti figli del mare. Tre di Siderno: Antonio Rodi e Francesco Crupi amici di quartiere, Luciano Barbaro gentile col mondo.
Ore 21,50. Caronte prese il largo dai canali livornesi, con la prua risoluta nella calma piatta. Il becchino tirò a dritta nella rada oscura, ben oltre il tramonto su una zattera sconsacrata: vele nere spiegate spinte da raffiche funebri sopra un mare di ombre.
Ore 22 in punto. La prima estate sarda, con i suoi mille smeraldi, era lontana una notte. La notte più lunga. Fumo eterno sopra la coperta. Sotto, un tragico conto alla rovescia. Boia e becchino, sentenza e fiamme.
Ore 22,03. Il più grande cimitero del Mediterraneo tagliò il nastro, inaugurando gli abissi. 140 morti e mille mezze verità, senza l'amicizia di Antonio e Francesco e senza più il sorriso di Luciano.
Moby Prince: Vele nere sopra un mare di ombre
Autore:
Ercole Macrì
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