Nicola Zitara e l'avocado

Lun, 05/08/2013 - 10:12

Voglio ricordare uno dei tanti aspetti che faceva di Nicola Zitara un uomo speciale. Si, perché un intellettuale non è necessariamente un uomo speciale. Nicola lo era.
Inizio anni Ottanta. Mi era diplomato col massimo dei voti e, cosa più importante, mi ero innamorato di una bella ragazza venezuelana. L’amore mi portava almeno due volte l’anno al di là dell’Oceano. Il Venezuela era una realtà magica per me. C’era tutto: l’amore, il caldo, il mare e una natura rigogliosa. Di ritorno da uno dei miei ultimi viaggi portai con me della frutta particolare: una papaya, tre avocado che facevano impallidire quelli che si vendevano nei nostri esercizi commerciali e due mango, anche questi di bellezza e misura fuori dal comune. La papaya, che assomigliava ad un cocomero, la regalai al mio prof. d’inglese del Liceo. Era a Roma in gita con la sua V classe ed io sbarcavo a Roma. Ci incontrammo in piazza di Spagna ed ebbi il piacere di donargli quel frutto speciale. Lui era una persona speciale. Lo è tuttora speciale, come lo è tutta la sua famiglia e nonostante voti PDL. I mango li tenni io. Uno o due avocado li regalai a Nicola Zitara. Erano frutti da donare a persone speciali. La famiglia Zitara era il mio rifugio e il mio ponte per il mondo della cultura con la c maiuscola. Dunque, in quegli anni, la frequentavo spesso. Mi piaceva sedere nel salottino d’entrata di casa Zitara e ascoltare Nicola. Guardavo i quadri appesi alle pareti che Antonia Capria si dilettava a dipingere. Guardavo libri poco comuni, che parlavano del nostro Meridione, sistemati nelle sua libreria. La famiglia Zitara era e rimane una famiglia speciale. Nicola, Antonia con le care Lidia e Grazia ancora bambine. Mi piace pensare che l’amore per la botanica di Lidia Zitara sia nata con quel frutto. Infatti fu l’unico a germogliare. Io ci provai, con nessun successo, coi miei mango. Il mio prof. d’inglese con la sua papaya non andò lontano dal mio esperimento fallimentare. Invece l’avocado di casa Zitara crebbe rigoglioso proprio di fronte il portone d’ingresso. Ma la cosa meravigliosa fu che diede frutti, e i frutti diedero nuovi germogli, e i germogli nuove piante. Nicola, in una delle mie sporadiche visite, mi confessò che amava sedere sotto le fronde di quelle piante per scrivere e leggere: erano l’unico luogo dove proteggersi, con qualche successo, dalla canicola estiva. In effetti, sembrava che un pezzo di foresta equatoriale avesse trovato rifugio nel giardino di casa Zitara. Quell’angolo di paradiso tropicale era diventato importante per Nicola e la sua famiglia. Negli anni, i vicini di casa, visto che gli alberi di avocado perdevano le foglie all’interno loro giardino, intentarono causa a Nicola pretendendo il taglio di quelle fronde straniere. Nicola difese le piante come poté. Dura lex, sed lex. Credo che alla fine, dopo anni di rinvii e discussioni, fu costretto a ridimensionarle. Mi piace immaginare che Lidia Zitara abbia piantato un germoglio di avocado accanto alla tomba di Nicola, per dargli frescura nelle caldi estati, sperando che nei cimiteri non ci siano vicini che intentino causa.

Autore: 
Vincenzo Carrozza
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