Non ne azzecchiamo una! Ma una…

Dom, 05/07/2020 - 19:30
Calabrese per Caso

Insomma, oggi possiamo dire, dopo lo spot sul turismo in Calabria, che ancora una volta abbiamo tolto alla tradizione nordica i propri eroi e li abbiamo visti dirottarsi verso Sud. Una missione non nuova in questi ultimi anni, condotta da illuminati per salvare una terra mai redenta sia nel nome di una legalità ossimorica sia di un’economia che non va oltre la sussistenza di chi può e di chi non può, con buona pace dei suoi feudatari romani e delle piccole espressioni di potere che macinano un quotidiano fatto delle solite notizie.
Oggi esprimo una libera (e non condizionata da riserva alcuna) riflessione che parte da un Nord calabro-italico che guarda, inutilmente, alla propria terra con speranza e si accorge che dalle conquiste politiche si è passati anche alle conquiste culturali, si fa per dire, di nuovi sacerdoti di una comunicazione discutibile, se non grottesca, per certi versi. Una comunicazione che manca l’obiettivo di dare un’immagine nuova, diversa, conciliante e premurosa di una terra che non ha certo bisogno di un’emergenza sanitaria altrui, si fa per dire, per promuoversi in ciò che potrebbe offrire dovendo, essa stessa, fare i conti sulle proprie capacità di cura e di assistenza.
Lo spot della Locride e della Calabria in generale lanciato da un Tg nazionale non presenta nulla di positivo, al di là di immagini note, nelle sue forme e nei contenuti utilizzati nello scegliere di promuovere una possibilità turistica, perché di possibilità si tratta e non di un’offerta, cercando di far presa sulle disgrazie altrui.
Covid free e non free, tutta l’Italia sta uscendo da una paura collettiva, deriva a cui la stessa Calabria non ha mancato di dare il suo contributo.
Tuttavia, credo che gli argomenti da offrire al pubblico/utente, cercando di convincerlo, non siano da giustificarsi sul paragone di un distanziamento sociale che contraddistingue secoli di marginalità con l’affollata stagione estiva di un altrove ben noto a chi ha ideato lo spot. Gli argomenti sono o, meglio, dovrebbero essere, altri, caratterizzati non dalla scelta della critica prefigurata per far parlare di sé, ma dalla capacità di attrarre per stile ricorrendo a messaggi che, subliminando l’intenzione, se proprio ciò è necessario, non giocano sulla sicurezza e insicurezza di altre offerte in modo quasi impietoso.
L’idea che si possa sottrarre utenza a un concorrente non la si muove sulle spoglie dello sconfitto, ammesso che tale debba essere considerato il turismo del Nord, ma sulla capacità di esprimere con umiltà e buon senso la diversità dei luoghi o dello stesso stile di vita che si propongono in alternativa. Stili di vita o nuove idee per una vacanza ancorati non solo all’ingrasso o alla sicurezza da Covid - salvo poi veder chiudere come zona rossa un tratto di costa calabrese - ma alle disponibilità di strutture ricettive, a una sanità efficiente che dia sicurezza e fiducia al turista, a un territorio pulito e senza lasciti di ricordini per strada che denotano il senso civico del rispetto dei luoghi. Credo che aver bucato lo schermo possa essere un risultato.
Tuttavia, vorrei far considerare, pur non essendo chi scrive né un Walter Lippman né un Marshall McLuhan, che una Good Society, una buona società, non la si realizza costruendo spot e notizie che amplificano le debolezze dell’avversario o, in questo caso, del competitor turistico di sempre: le spiagge, soprattutto dell’Adriatico. Così come mettere in campo una buona promozione non significa giocare con le offerte comunicative penalizzando l’offerta altrui credendo di poter stabilire un successo a prescindere. Il gioco comunicativo è un gioco che tende a creare credibilità ma può, se sfugge di mano, screditare non solo i destinatari, ma anche coloro che producono la notizia.
Il news management, termine caro ai nuovi guru delle agenzie, che pone la notizia come un prodotto da confezionare e vendere, ha delle sue regole e i suoi prezzi da pagare. Giocare sul bias cognitivo delle persone non dà sempre gli effetti sperati. Una comunicazione distorsiva, alla fine, produce sempre gli effetti di una chiusura ancor più radicale ed è ciò di cui la Calabria, in questo momento, non ha proprio bisogno. Semmai, essa ha necessità di entrare in sinergia con gli altri e di porsi sulle stesse matrici di crescita delle regioni solo oggi in difficoltà, ma di certo non così marginali.
Lo spot che tende a promuovere una terra ritenuta sicura contro i rischi di altre destinazioni così manifestamente espressi, alla fine creerà solo l’ennesima barriera. Ma, ciò nonostante, probabilmente, anche grazie a queste poche righe, l’ideatore dello spot avrà raggiunto il suo risultato: quello di essere l’argomento del momento.
Certo, per chi fa della notorietà la sua ragione di esistenza la frase di Oscar Wilde per cui “C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé ed è il non far parlare di sé” rappresenta quasi un paradigma comportamentale. Tuttavia, credo che vi sia una Calabria che chiede di essere ben considerata per ciò che è.
Vorrei, perdonatemi la velleità, che se ne parlasse bene per stile, per modo di porsi e per ciò che essa è capace di offrire senza aver bisogno di confrontarsi o sottrarre spazio soprattutto approfittando delle difficoltà altrui. Forse sarebbe una Calabria che non fa notizia. Ma per fare notizia in questo modo sarebbe meglio restare nel nostro, purtroppo e ancora una volta, dignitoso silenzio!

 

 

Autore: 
Giuseppe Romeo
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