Orange Wine: Il nettare arancione che affascina i palati

Mer, 09/05/2018 - 16:20
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L'interesse per il nettare arancione cresce anche in Italia, ma in Giappone, Australia e Usa è già boom. Redivivo perché presumibilmente ricorda i vini prodotti dai nostri antenati che già cinquemila anni fa nelle zone della Georgia e della Crimea deponevano l’uva nelle cosiddette “Kvevri”, contenitori in terracotta di grandi dimensioni in cui dare luogo a lunghe macerazioni per ottenere vini concentrati e carichi di colore. Tuttora utilizzata dalle cantine della zona, questa tecnica è stata ripresa da diversi produttori del Friuli Venezia Giulia, Slovenia, Austria, Croazia e ha visto gli albori di etichette notevoli anche in Liguria, Toscana e Sicilia. L’orange è un vino introverso, oggi considerato da boutique o di nicchia. Nettare il cui colore deriva da un processo naturale di macerazione in cui il mosto di uve bianche in fermentazione rimane a contatto con le bucce degli acini, da qualche giorno a diversi mesi, permettendo così l’estrazione di tutte quelle sostanze coloranti (i polifenoli) che conferiscono questa particolare nuance ambrata. Il risultato è un vino naturale, non filtrato, capace di esprimere sentori affascinanti che raccontano un lavoro ecosostenibile in vigna, senza alcun uso di pesticidi e lieviti in cantina. La brillantezza un po’ opalescente e le diverse nuances (arancio, mogano, mattone) ci consentono di anticipare la linea olfattiva, che s’allarga a ventaglio da aromi di fumo, al fruttato semi amaricante del litchi, dalle note di nocciola, spezie orientali, salsa di soia al miele amaro. Certi vitigni (ribolla gialla) riescono a offrire note di paglia secca, di confettura di nespole, di uva bianca appassita, di humus, di funghi. Il georgiano rkatsiteli (in anfora) ha spesso tono olfattivo di fumo, come paglia fumante, di foglia secca della vite, di chicco di caffè verde, di pera essiccata, di anacardo. Il bagaglio odoroso è quindi molto stimolante e lontano dai canoni convenzionali, a volte sembra di entrare in un antico negozio di coloniali, a volte in un bosco autunnale. Il sapore vira verso infusi e tisane fredde, con toni di ginger, rabarbaro e pompelmo rosa, contributo d’alcol a parte. Questi vini hanno alle spalle la volontà e l’amore di coraggiosi produttori, tanto lavoro manuale, molta cura del vigneto per ottenere uve sane, una costante attenzione in cantina. Una produzione molto interessante sia dal punto di vista storico che etico, dove il rispetto delle leggi della natura e il rispolvero delle tecniche risalenti all’antica Roma sono due punti cardine.

Autore: 
Sonia Cogliandro
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