Sempre sorridente, era l’amico di tutti

Dom, 08/04/2018 - 16:00

Ho conosciuto Paolo Lanzafame nell’Istituto Tecnico Commerciale di Siderno dove insegnava ragioneria. Io ero il Preside. Lo nominai mio Vice preside in segno di profonda stima e a garanzia dell’Istituto: Paolo era segretario della locale sezione del Partito socialista, la più importante del Circondario. Egli aveva particolare ascendenza sui docenti e sugli alunni di sinistra, molti dei quali erano fanatici e invece di studiare agivano da microscopici Che Guevara, il guerrigliero cubano intorno al quale si distendeva un alone quasi leggendario di risonanza mondiale.
Lo scimmiottavano, strombazzando contro la Scuola, centro, secondo loro, di tutti mali. Era il vuoto fracasso del nulla che turbava la serenità della Scuola. Paolo, da segretario della sezione socialista, riuscì spesso ad ammansirli, ma poi, anche in Lui, per comprensibili e forse autorevoli interventi, prevalse il politico al docente e al vice preside dell’Istituto. Mi confessò onestamente tutto, com’era sua abitudine.
Il Che che più mi ha dato fastidio, era un alunno di Caulonia, fissato che Egli era la legge e perciò disobbediva a tutte le disposizioni scolastiche e invitava i compagni a imitarlo. Era armato sempre di megafono. Lo invitai più volte al bar, secondo la mia prassi didattica, grazie all’intervento dei suoi amici, per convincerlo che era intrappolato in un errore assoluto, ma la sua testa era ormai pietrificata. Voleva imitare Che Guevara, ma aveva incarnato, inconsapevolmente il più deludente don Chisciotte della Mancia. Un giorno, in seguito a una grave marachella, fu punito severamente dal Collegio dei professori. Paolo espresse parere contrario e io rimasi dispiaciuto. Et de hoc satis.
Lanzafame era un ottimo docente. Le sue lezioni erano brevi, pratiche, accessibili a tutti, e io scherzando le definivo “le pillole di Lanzafame”. Fui più volte presente alle sue lezioni, non per preciso compito scolastico, ma per il desiderio di ascoltarlo e, sebbene la ragioneria non fosse disciplina dei miei studi, pure riuscivo a capire gli argomenti spiegati. E dicevo agli alunni: “Avete un ottimo docente di ragioneria, e se ho capito gli argomenti da Lui spiegati, sono sicuro che voi saprete… insegnarmeli”.
Si rivolgeva agli alunni chiamandoli col loro nome. Gli alunni lo stimavano e lo amavano. Ammiravo le sue virtù didattiche e docimologiche, criteri scientifici agli esami e nelle interrogazioni. Lo invidiai come uomo: seguiva l’atarassia di Epicuro e di Epitteto cioè l’eliminazione dall’animo dei turbamenti con l’estremo rigorismo delle loro dottrine e l’indifferentismo o imperturbabilità degli Stoici per cui l’animo deve rimanere assolutamente impassibile, privo cioè di ogni stato emotivo. E Paolo era sempre sorridente anche quando eventi gravi avrebbero dovuto sconvolgerlo. E io gli ripetevo i versi di Orazio: Crolli il mondo, impavido mi troveranno le rovine. Era un vero umorista, molto conversevole, specie nei conviti dove brillava per il suo appetito pantagruelico.
Una volta facemmo una gita, con le alunne della V A, a Canolo Nuova. Portava il fantasioso berretto screziato e variopinto che rendeva simpatiche le sue intelligenti risate. Pranzammo allegramente in un ristorante rinfrescato dagli alberi che sorgevano intorno. Al ritorno ci fermammo un’oretta a Canolo e prendemmo un caffè al primo bar del paese. All’ingresso vi era una carriola; invitai il mio amico a salire sulla carriola, Egli non si fece pregare e io spinsi il carrettino per una ventina di metri. Una ragazza scattò delle foto; un fotografo, su mio invito, eseguì l’ingrandimento e io sul davanti della carriola appiccicai un bollino con la scritta: Nettezza urbana!
Due anni fa portai a casa di Paolo la fotografia, formato cartolina. Era presente la gentile e intelligente signora. Ridemmo di cuore. Ma Paolo, non venendo meno alle sue naturali note umoristiche, sornione esclamò: “Ma non è gradevole che un preside faccia da spazzino”. Immediata e fulminante la mia risposta:
“Non faccio lo spazzino, ma mi libero della spazzatura della mia scuola”. E continuammo a ridere. Generazioni di giovani mi parlano ancora con affetto e con nostalgia del loro professore. Appena pensionato, Paolo mise su un importante studio di Commercialista dove lavorano il figlio Giovanni e sua moglie; la figlia è illustre docente di ruolo al liceo classico di Locri e io quando la incontro ho l’impressione di rivedere il padre; un altro figlio è ingegnere nell’America Latina. Egli, come si vede, ebbe particolare cura e affetto per l’educazione dei suoi figli. Sono ormai curvo ai richiami della terra. Mi sento come un naufrago che i venti insultano, le onde avvolgono e le stelle guardano indifferenti dalle lontananze infinite. Per la mia esperienza di vecchio posso affermare: con Paolo Lanfame, Siderno perde uno dei suoi figli migliori. segretario della locale sezione del Partito socialista, docente illustre, sindaco di Siderno, Commercialista fra i migliori.
Espertissimo. Era l’amico di tutti. Hai lavorato Paolo, tutta la vita. Riposa in pace!

Autore: 
Giorgio Papaluca
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