Tarcisio Taverniti regala alla cultura un dizionario del dialetto di Pazzano

Dom, 12/07/2020 - 18:00

L’Editore Laruffa ha pubblicato il Vocabolario del dialetto di Pazzano in due tomi, dando un grande contributo alla conservazione e trasmissione della lingua dialettale calabrese. L’autore dell’opera è Tarcisio Taverniti, di Pazzano, un amante della Calabria. L’opera è frutto di un lavoro pluriennale le cui origini vanno individuate in un passato ormai lontano, quando Taverniti insegnava nelle scuole elementari, dove gli alunni erano in grado di esprimersi soltanto in dialetto. Il docente così comincia un’opera di traduzione alla lavagna del dialetto in italiano e annota il tutto, con diligenza certosina, sulle schede. Arrivato all’età della pensione e lasciati gli impegni politici e amministrativi, gli viene l’idea di recuperare le vecchie schede e di mettersi al lavoro per redigere un dizionario del dialetto calabrese, o più precisamente di Pazzano. L’opera, quindi, è il risultato del lavoro di una vita spesa nella ricerca, nella difesa della Calabria e della sua cultura. Nel passato, il dialetto calabrese ha visto fiorire poeti di grande valore: Domenico Piro (Duonnu Pantu), Vincenzo Ammirà, Mastro Bruno, Giovanni Conia, L’Abate Martino, Mario Careri solo per citare alcuni. Ricordiamo che ancora oggi ci sono tanti poeti che sanno usare in maniera magistrale il dialetto. Già Pasolini, nel ‘900, annotava che i dialetti, in Italia, come lingua d’uso, non esistevano quasi più; una civiltà era tramontata e, con essa, la lingua in cui era raccontata. Il nostro Alvaro l’aveva scritto negli anni ’30. Scompaiono tanti termini dialettali e ne compaiono altri, frutto di contaminazione con la lingua italiana. L’avvento della televisione e della scuola di massa hanno contribuito al cambiamento dei dialetti. A questo va aggiunto il comportamento delle famiglie, che hanno preferito abbandonare il dialetto come lingua d’uso, preferendo l’italiano; nei riguardi del dialetto è avvenuta una vera opera di rimozione. A un certo punto ci siamo quasi vergognati del nostro passato, certamente perché ci ricordava quando eravamo povera gente. Nelle famiglie abbiamo proibito ai figli di usare la lingua dei padri e non abbiamo capito che le altre lingue, come l’italiano e le lingue straniere, dovevano essere aggiuntive rispetto alla lingua natia. L’aver messo da parte il diletto, ricco di parole con radici greche e latine, ha danneggiato non solo la lingua italiana ma la stessa capacità di pensare.
In Calabria il primo vocabolario dialettale è opera di Luigi Accattatis, presidente dell’Accademia cosentina, attento studioso della lingua e cultura calabrese; oltre al vocabolario, Accattatis ci lasciato tante opere pregevoli. Dopo il suo lavoro, il primo vocabolario dialettale valido per tutta la Regione, sono sorti i vocabolari che potremmo definire di area. In effetti non esiste una Calabria unica, ma più Calabrie con aree linguistiche e culturali differenziate, come risultato di storie diverse. Su queste premesse nascono i dizionari per aree culturali. Giovanni Battista Marzano, nel 1842 pubblica il Dizionario etimologico del dialetto calabrese; nel 2006 Giuseppe Antonio Martino pubblica il Dizionario etimologico del dialetto bivongese. Il primo dizionario calabrese scritto in dialetto è Il vocabolario Mammolese-Italiano del 1862; esistono altri lavori di area che non siamo riusciti a trovare, ma il vocabolario dialettale che abbraccia tutti i vocaboli calabresi è quello di Gerhard Rohfls, frutto d’un lavoro iniziato negli anni ‘30 e curato dall’autore, attraverso varie edizioni, durante la sua lunga vita. Rohfls, professore di filologia in varie università tedesche, ha trascorso parte del suo tempo nelle varie aree culturali della Calabria e non offendo nessuno se affermo che ogni calabrese dovrebbe possedere il vocabolario dialettale del Rohfls. Il lavoro pregevole del Taverniti va inquadrato principalmente tra i lavori di area: quella di Pazzano e della vallata dello Stilaro, la cui cultura fa parte della sua anima per averla assimilata da bambino e approfondita durante tutto il corso della sua vita. Di detta cultura ricerca le origini che vanno individuate principalmente nel mondo greco-romano e bizantino. Il dialetto della vallata dello Stilaro è ricco di termini di derivazione greca e latina, con l’aggiunta di poche parole di derivazione araba, normanna e francese. Attraverso le parole, Taverniti, con vero intuito filologico, ricostruisce la religione, le tradizioni, gli usi d’una comunità; ne viene fuori una bella pagina culturale che esprime l’anima d’un popolo. Come ci ha insegnato il grande umanista Lorenzo Valla anche le parole sono storiche, quindi nascono e muoiono. Il saggio di Elea ha scritto che tutto scorre, e il nostro Foscolo ha aggiunto che il tempo travolge tutto. Ebbene, Taverniti ha sottratto all’usura del tempo un grande patrimonio linguistico e culturale e offerto ai giovani uno strumento di riflessione sulla nostra storia.

Autore: 
Bruno Chinè
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