Un morto, un povero morto giace insepolto da ben nove mesi nel cimitero di Marina di Caulonia. Il suo nome (che ometteremo per rispetto alla sua memoria) non ha alcuna importanza, la sua storia sì!
Per lui non ci sono state lacrime, né fiori, né musica perché Egli ha lasciato questo mondo così come è vissuto: in silenzio!
Era originario della Sicilia ma viveva a Focà di Caulonia da tantissimi anni; non aveva famiglia ma non per questo i suoi miseri resti possono essere degradati a scarti di alcun valore perché sono e restano le spoglie mortali di un uomo e per questo Sacre nel significato più alto e nobile della parola.
Voglio essere più chiaro (e autocritico): ho saputo della mancata sepoltura d’una bara circa due mesi fa da una telefonata. Aggiungo che per mia colpevole scelta, sono rimasto in silenzio… ma c’è un punto oltre il quale il silenzio diventa viltà e codardia.
Adesso provo vergona per aver taciuto!
Vergogna perché il silenzio non ha risolto il problema e non ha giovato all’immagine di un Paese che ha una storia dignitosa da difendere e una civiltà importante da tutelare. Non so e non voglio sapere chi sono i responsabili di quanto è successo, ma Caulonia non può tollerare ulteriormente tale sfregio alla sua immagine!
Ho letto con un misto di incredulità e stupore un gelido comunicato emesso da una eccellente dipendente comunale ma che appunto perché tale, non poteva dire cose diverse da quanto ha detto. In esso si afferma che la bara resta insepolta per la miserissima somma di 500 euro da pagare o da anticipare. Il comunicato burocratico, distaccato, freddo e senza anima, rappresenta un’onta ulteriore alla memoria del defunto, ma soprattutto al senso civico di ognuno di noi.
Eppure sono passati ben di più di duemila anni da quando una fanciulla, Antigone, s’è fatta condannare a morte pur di dare sepoltura a un corpo senza vita ritenendo ciò un dovere che precede la “legge” degli uomini risalendo a una prescrizione divina.
Non voglio rimestare ricordi, ma devo solo rammentare - a esclusiva tutela del Paese tutto - che in questa civilissima cittadina della Locride, la morte di coloro che non avevano nessuno, più volte, è stata comunicata alla cittadinanza con manifesti di grande evidenza e non a caso: coloro che non hanno nessuno appartengono a TUTTI. Sono componenti a tutti gli effetti di quella grande famiglia che dovrebbe essere il Paese e appunto perché “ultimi”, figli prediletti di una comunità!
E noi apparteniamo a questa civiltà!
E tale scelta non è e non può essere di una parte bensì un dovere morale, una prescrizione solenne che proviene dalla nostra storia greco-romana, dalla tradizione Cristiana, dalle forti radici d’un pensiero progressista, marxista o liberale. È la pietà per i morti. È la scelta degli ultimi!
E non c’è nessuno che sia più “ultimo” di un povero morto che resta insepolto.
Un morto senza pace
Autore:
Ilario Ammendolia
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