Una gestione militare delle ‘ndrine di Siderno

Mar, 20/02/2018 - 12:00

I giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria, nella sentenza di secondo grado del processo “Falsa Politica”, confermano la presenza di un’articolata struttura ‘ndranghetistica nella città di Siderno, una conclusione alla quale erano già arrivati durante il filone abbreviato anche i pm della Corte di Cassazione.
I giudici romani, infatti evidenziano che: «negli anni ‘70 del secolo scorso le più importanti ‘ndrine della provincia di Reggio Calabria erano quelle guidate da don Piromalli della Piana di Gioia Tauro, Tripodo di Reggio Calabria e Zu ‘Ntoni Macrì della Locride, quest’ultimo considerato il “capo dei capi”, colui che aveva il passepartout per entrare negli USA, Canada e Australia, grazie alla rete di rapporti con le famiglie di Siderno».
Il filo conduttore delle indagini si lega alla cronaca giudiziaria che aveva registrato negli anni ’50, la nascita del cosiddetto “Siderno Group of Crime”, una delle più potenti famiglie criminali della città trasferitasi nel Nord America confermando lo stretto legame tra le cosche locali e l’oltreoceano, con la consumazione di delitti in Canada commissionanti in Italia.
Dall’ordinanza di custodia cautelare, emessa il 6 dicembre 2010 nell’ambito dell’Operazione “Recupero – Bene comune”, si evince che la ‘ndragheta sidernese opera attraverso due distinte articolazioni, una avente capo R.R. e A.G. e come referenti canadesi A.F. e C.F., e l’altra riconducibile a M.C.
Dagli esiti investigativi degli agenti della Sezione Criminalità Organizzata della squadra mobile di Reggio Calabria, del Commissariato di Siderno e dello Sco, c’è stato un forte interesse, da parte dei componenti della ‘ndrina di Siderno e di altre zone limitrofe, nei confronti delle recenti vicende politiche locali.
Le indagini svolte dalla DDA di Reggio Calabria hanno tratto origine da alcuni fatti di sangue accaduti nel 2006 a Siderno e che hanno visto il coinvolgimento di alcuni componenti della famiglia Commisso, che, come scrivono i magistrati «si è sempre occupata di una gestione militare del territorio penetrando e impadronendosi dei meccanismi elettorali e di amministrazione della “res pubblica”».
Il processo in corte d’appello si è concluso con tre rigetti e un annullamento con rinvio.

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