Viaggio attraverso le reali fabbriche del ferro della Calabria

Dom, 26/07/2020 - 19:00

“Le reali fabbriche del ferro in Calabria”, questo è il titolo del libro di Danilo Franco, studioso di archeologia industriale calabrese, che ci racconta, nel suo ultimo lavoro, la storia di quando la Calabria era industriale e si inseriva a pieno titolo e con forza nel vasto complesso industriale del Regno Delle Due Sicilie.
Con il libro l’autore cerca di dare completezza al suo precedente lavoro “Il ferro in Calabria”, e di ricollocare nel grande libro della nostra regione e del Meridione alcune, a dire il vero tante, pagine mancanti, strappate dalla storiografia “ufficiale”. È un ulteriore tassello sulla conoscenza della laboriosità dei calabresi in un passato non molto lontano.
Leggendo, si riscoprono vicende e storie sconosciute, e viene posto l’accento su ciò che un comprensorio industriale calabrese, già attivo nell’epoca pre magna-grecia e sino al finire del secolo scorso, aveva. Miniere, ferriere, fabbriche d’armi, villaggi operai e una tecnologia alla pari di altri poli industriali europei.
Questo patrimonio industriale, materiale e immateriale, fa sì che la vallata della fiumara Stilaro, e il suo comprensorio, sia oggi considerata la culla della prima industrializzazione meridionale.
L’industria calabrese non fu un capriccio del governante di turno, ma fu fortemente voluta per la ricaduta economica che produceva e innescata dalla presenza, nei dintorni di Pazzano, Bivongi e Stilo, di ricche mineralizzazioni di limonite, pirite, calcopirite, galena e tanti altri minerali, dalla presenza di boschi, per ottenere il carbone vegetale e delle acque per ricavare l’energia motrice.
Apparato industriale, quello calabrese fu ritenuto utile e vantaggioso da tutte le dinastie che si sono alternate alla guida politica del meridione, tranne che da quella Sabauda, che dopo l’unificazione d’Italia la depotenziò e in breve la dismise.
Le evidenze archeologiche industriali emergono da ricerche ultra-trentennali, e hanno consentito di scoprire che, in passato, il comprensorio Stilaro-Serre Calabre recitava un ruolo determinante nell’economia del regno a cui apparteneva, tanto da consentire alla Calabria di essere una tra le regioni più industrializzate della Penisola Italiana, nella quale non vi era disoccupazione, ma veniva attirate maestranze da altre parti d’Italia e dell’Europa.
Già la copertina introduce in ciò che verrà messo in evidenza nel corpo del libro.
Essa mostra un paesaggio minerario e siderurgico attivo nel 1600 nei pressi di Pazzano, interpretazione artistica del pittore fiammingo Luca Van Valckenborg che ci mostra come avveniva attuata la “trasformazione“ della limonite in ferro attraverso un ciclo che, dalla estrazione dalle miniere e dalla frantumazione, giungeva alla ferriera che realizzava il ferro e i manufatti, passando dalla fusione del minerale e alla sua trasformazione in ghisa negli altoforni.
Nel testo si individuano i maggiori centri siderurgici della Calabria: Bivongi, Cardinale, Guardavalle, Mongiana, Pazzano, Reggio Calabria e Stilo.
Lo studio ci fa conoscere reperti di archeologia industriale e soprattutto la loro storia, che essi ci tramandano.
Il percorso ha inizio dal tempo dei greci della vicina Kaulonia, per giungere sino alla fine del 1800.
L’economia locale traeva un notevole beneficio, se si pensa che intorno al polo siderurgico-armiero-minerario di Mongiana, Stilo e Pazzano, negli ultimi secoli della sua attività, trovavano lavoro circa 1.500 addetti in modo diretto, con un indotto quantificabile ad altri circa 4.000.
La ricerca si sofferma su aspetti sociali, economici, storici e tecnologici che hanno caratterizzato questa attività e condizionato in positivo l’intero comprensorio e che hanno trasformato, nel corso dei millenni, un paesaggio rurale in uno industriale. L’unico paesaggio industriale presente in Calabria che ancora oggi ci ricorda il suo trascorso.
Del resto, opere importanti del Regno di Napoli furono realizzate in Calabria.
I tubi dell’acquedotto Carolino, della Regia di Caserta, oltre 40 km, furono realizzati dal Vanvitelli nelle Ferriere della fiumara Assi, i primi ponti in ferro d’Italia e i binari della prima ferrovia italiana, la Napoli-portici furono realizzati a Mongiana.
Dalle pagine, emergono anche nuove risultanze provenienti da archivi che hanno consentito di avere a disposizione interessanti atti notarili seicenteschi e settecenteschi e alcune rare cartografie.
Atti che consentono di riempire alcuni "vuoti" temporali e di avere maggiore chiarezza sulla reale consistenza del polo industriale siderurgico esistente nelle montagne delle Serre Calabre.
Patrimonio archeo-industriale che cresce sempre di più a mano a mano che si approfondisce la ricerca negli archivi e nel più grande archivio della storia, che è il territorio.
Non solo storia e archeologia industriale, ma anche un excursus sull’evoluzione dei forni fusori, partendo dai primi forni per il ferro per giungere ai moderni altoforni, passando da quelli a “suola”, a “camino”, alla “catalana”, allo” stuckoffen” a quello a “manica” al “cannecchio”.
In appendice è “presentato” un approfondito studio del villaggio siderurgico settecentesco, di “Chiesa Vecchia”, sito nel “Bosco di Stilo”, sopravvissuto miracolosamente alla dismissione della siderurgia calabrese.
Completa il lavoro una breve descrizione del ciclo di produzione del ferro, per far comprendere la complessità e la tecnologia raggiunta nel polo siderurgico operante nelle montagne delle Serre Calabre, quando la Calabria era industriale ed economicamente all’avanguardia.
Quindi una storia tutta da leggere per conoscere a fondo una Calabria diversa da quella di oggi.

Autore: 
Elia Fiorenza
Rubrica: 

Notizie correlate